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TORRE DI AVVISTAMENTO
L’antica torre di massimo avvistamento, risalente al sec.XIV, assolveva a funzioni di controllo del territorio comunale e di vedetta verso il mare Adriatico e il Regno di Napoli. E’ possibile accedere al suo interno per gustare il fascino medievale assicurato dalle feritoie, dalla volta gotica e dalla botola che immette nella battagliera, in origine dotata di merli e campana d’allarme. Nella sua stesura originaria, la torre era aperta nella gola, intendendo con questo l’assenza della parete verso piazza, che fu aggiunta in un secondo momento. Per più di quattro secoli, la torre assolse a funzioni campanarie, militari e cimiteriali. Vale la pena di avvicinarsi nella parete nord per vedere un arco tamponato di antico passaggio e uno scudo gotico in travertino, presumibilmente della comunità o di qualche magistratura podestarile.
TERRA VECCHIA - PIAZZA CASTELLO
Il primo nucleo di Monsampolo del Tronto si sviluppa, dopo il 1299, nella parte più alta dell’attuale paese, conseguenza della unione dei tre castelli di Fano, Monte Donnello e Monte San Paolo. Luogo strategico di frontiera sotto il controllo di Ascoli, dotato di consuetudini giuridiche e amministrative, il piccolo "Castrum Montis Sancti Poli" dispone di una cinta fortificata edi una torre di massimo avvistamento per dominare il territorio. All’interno delle mura vi erano la parrocchiale di S. Paolo, il palazzo civico e le dimore dei cittadini articolati su rughe, vicoli e cortili, poi di pari passo con lo sviluppo demografico, venne costruita la nuova chiesa di S. Maria che ingloberà la torre di massimo avvistamento, allo scopo di dotare la nuova parrocchia di un superbo campanile che, allo stesso tempo, mantenesse inalterate le funzioni di avvistamento. Nella seconda metà del XIV secolo si verifica la prima fase di espansione spontanea del "Castrum" verso il sottostante borgo fortificato con mura torrioni. La crescita castellana, che spostò a sud il vecchio recinto fortificato di Terra Vecchia, portò inevitabilmente alla cancellazione delle fortificazioni trecentesche e all’alienazione delle torri. Dal cinquecento in poi le costruzioni di palazzi di importanti famiglie edificate a ridosso delle antiche mura nasconderanno definitivamente le ultime tracce del vetusto castello.Trasferita nel borgo la residenza comunale e assurta a parrocchiale la nuova chiesa dei SS. Maria e Paolo, Terra Vecchia cessa di costituire il punto di riferimento politico e religioso dell’intera comunità. L’Ottocento, purtroppo, è un secolo di continue trasformazioni e distruzioni e nell’antica Terra Vecchia scompariranno le chiese di S. Paolo e S. Maria con un certo numero di abitazioni medievali che lasceranno il posto all’attuale Piazza Castello. Un recente restauro ha reso possibile il recupero dei camminamenti e vani ipogei di Terra Vecchia. Da una finestra posta su un lato della piazza è possibile sbirciare nelle rinvenute cantine delle antiche abitazioni esistenti al centro della piazza e scorgere l’incrocio dipercorsi e vie di fuga che attraversano tutto il castello.
PALAZZO GUIDEROCCHI
La famiglia Guiderocchi, proveniente dall’acquasantano, si era trasferita ad Ascoli già nel 1300, e subito i suoi membri si erano distinti per coraggio, astuzia, valore e dedizione alla città. Una famiglia ricca che aveva possedimenti lungo tutta la vallata del Tronto, dai monti al mare. Numerosi sono i personaggi di spicco della famiglia tra cui, nel 1400, emergono Tommaso e i figli Astolfo e Flavia. Tra gli eredi di Tommaso chi senza dubbio è ritenuto il suo degno erede è il nipote Astolfo II che, purtroppo, il carattere irascibile condusse ad una morte prematura. Astolfo lascia, ancora molto giovane, la moglie Drusolina e le due piccole figlie Francesca e Aurelia che da subito divengono oggetto di contesa per futuri matrimoni. Ed è per questo che Aurelia, ancora giovanissima viene mandata per 5 anni alla corte di Urbino dove conosce l’allora dodicenne Torquato Tasso che, secondo alcuni studiosi del poeta, nella Gerusalemme Liberata trae ispirazione per alcuni personaggi dalle storie degli avi di cui la piccola Aurelia Guiderocchi lo aveva reso partecipe. Nel 1589 la contessa Aurelia Guiderocchi, dopo aver sposato in seconde nozze Giovanni Vincenzo Valignani, si ritira nel Palazzo di Terra vecchia. Tra il 1600 e il 1605 perde nel giro di pochi anni i due figli e il secondo marito a cui farà seguito nel 1611 la scomparsa della sorella. Ormai sola, assiste alla lenta agonia della sua famiglia e prima di morire lascia parte delle sue proprietà alle nipoti Giulia e Porzia, figlie di Francesca. Sarà Porzia, sposata con il cavaliere Candido Malaspina, ad ereditare il Palazzo di Monsampolo. Da notare sul portale cinquecentesco del Palazzo, lo scudo inquartato dei Guiderocchi riproducente le spighe con la falce e i monti con l’elmo a becco di passero.Più avanti su altro portale è posta la partizione araldica di un altro stemma, diviso in otto sezioni cariche dei simboli dei Malaspina e dei Guiderocchi.
PALAZZO MALASPINA
Spostandoci nell’estremo limite di Piazza Castello, si incontra la maestosa residenza seicentesca dei Malaspina, caratterizzata da un portale bugnato sovrastato dal bassorilievo araldico della potente dinastia: un’aquila bicipite in travertino, sormontata dalla corona imperiale, avente in petto lo scudo con lo spino secco. In un disegnostilizzato del Seicento, il palazzo si rivela con una suggestiva decorazione di merli. La struttura poggia sulle antiche mura comunali individuabili in altri settori di Terra Vecchia con feritoie da moschetto.Tutte le altre fortificazioni sono state distrutte o incorporate in costruzioni successive.
PERCORSI IPOGEI
Centoventi metri di camminamenti ipogei percorribili, situati sotto il colle di Terra Vecchia. Il percorso ha l’ingresso in via del Castello, nell’edificio che ricorda la forma di un’antica Torre quadrangolare. All’ingresso vi è un grosso ambiente rettangolare in mattoni provvisto di volte a crociera che si collega, tramite un corridoiovoltato con pavimento in acciottolato ed interessato lungo la parete est da nicchie, ad un altro ambiente situato proprio sotto palazzo Guiderocchi, anch’esso caratterizzato da volte a botte e da due fosse circolari scavate nel terreno interpretabili come silos o granai. In questo primo percorso siamo nelle cantine di Palazzo Guiderocchi. Nei riempimenti dei butti, provenienti da due grosse aperture rintracciate in corrispondenza delle pavimentazioni del pian terreno dei Palazzi, sono stati trovati soprattutto frammenti di ceramica da mensa tra cui sono riconoscibili: maioliche policrome, maioliche bianche, invetriate, graffite ingubbiate policrome e ceramica priva di rivestimenti riconducibili ad un arco di tempo compreso tra il XV secolo e il XIX. Tra le tipologie sono presenti catini, boccali, ollette, scodelle, piatti, coperchi, pentole, tazzine che si riferiscono per lo più a ceramica da mensa e da conserva. Manufatti che servivano per lo più ad apparecchiare le tavole delle famiglie Guiderocchi, Malaspina. Tra le decorazioni rintracciate nelle ceramiche quelle più presenti sono senza dubbio le floreali, anche se non mancano quelle zoomorfe di cui il piatto con l’uccellino e i limoni è un bel esempio, presenti anche frammenti con parti di stemmi e un frammento di piatto con un tratto della capigliatura di una figura femminile. Nel butto del palazzo Guiderocchi è stata rintracciata un’ olletta in maiolica bianca con la data 1629 dipinta in marrone, appartenuta con molta probabilità ad Aurelia Guiderocchi che lì visse fino alla morte avvenuta nel 1633. La discarica di Palazzo Guiderocchi copriva due strutture in mattoni, oggi visibili lungo il percorso, delle scale in cotto di forma semicircolare e un piccolo focolare. La presenza di queste scale avvalora ancora di più l’ipotesi dell’utilizzo del camminamento sotterraneo come via di fuga che permetteva di sparire, all’occorrenza, dai passaggi segreti del Palazzo. Le scalette inoltre permettevano l’ingresso attraverso un corridoio con volta a sesto acuto in altri ambienti identificabili come cantine, anch’esse recuperate e oggetto del presente itinerario adibite a spazi espositivi in cui verranno esposti gli oggetti rinvenuti nel ripristino dei due particolari percorsi sotterranei.
LUOGHI DI SPIRITO E DI CULTO
Abazia di S. Benedetto in Tronto
Antico centro di cultura, operosità, carità e spiritualità benedettina penetrata nella bassa valle del Tronto, il monastero di S. Benedetto conserva elementi architettonici che datano la sua fondazione all’Altomedioevo (VIII-IX secolo).La tradizione e i documenti vogliono questo antichissimo monumento opera dei cenobiti di Monte Cassino e, in effetti, la storia iniziale ci parla di forti legami con l’abbazia di Montecassino che lasciò un’impronta indelebile nella XIII formella della porta basilicale, fatta fondere nel secolo XI dall’abate Desideri S[anctus] BEN[edictus] I[n] TR[u]NTO CUM CELLA S[anctae] MARGHARITAE. Le celle erano organismi religiosi formati da una chiesa e da alcune proprietà rurali dipendenti da un centro maggiore
Nel 1484 vi si fecero compiere importanti lavori di restauro nell’unica navata dell’antica chiesa abbaziale, la quale assunse il doppio titolo SS. Benedetto e Mauro in relazione al culto che nel frattempo si era sviluppato nei confronti di S. Mauro, primo discepolo di S. Benedetto, venerato dai pellegrini come protettore dall’epilessia. Nelle ricorrenze patronali suggestiva era la scenografia del “ponte” realizzata allineando dei carri agricoli, dalle grandi ruote decorate, sul Tronto per favorire il transito ai numerosi fedeli abruzzesi. Unica manifestazione di religiosità e devozione popolare ancora praticata nel Santuario è il tradizionale triplice giro in cripta toccando le sacre pietre cenobitiche. Ulteriori Approfondimenti Pagina Luoghi di Culto....
L’ex Convento di S. Francesco e Museo Civico
I maestri lombardi Giovanni di Andrea e Donato di Alessandro furono incaricati, nel 1572, dal Comune della fabbrica della nova Ecclesia. La Chiesa fu ultimata nel 1577, come attesta la data commemorativa posta sull’architrave del portale principale. La chiesa fu sopraelevata e dopo l’invasione napoleonica del 1798-99 ebbero, inizio gli ultimi lavori di restauro e ampliamento e la costruzione del maestoso campanile che portarono alla configurazione attuale. La chiesa di Maria SS. Assunta si connota e spicca proprio per l’unità cronologica e stilistica del suo arredo, tutto di questa età, fra ‘500 e ‘600, all’interno sono visibili i segni del barocco sia sugli altari che sugli stucchi. Di fianco all’altare maggiore è posto un crocifisso ligneo policromo del sec. XV-XVI; dietro la mensa sono collocati un tabernacolo ligneo dorato “M. R. PRIO” datato 1628-1632 ed attribuibile a A. Evangelisti ambito di D. Bonfini e una pala d’altare, raffigurante: l’ “Ultima Cena” di P. Gaia, 1596; gli altari laterali sono adornati dalle seguenti pale la “Regina Sanctorium Omnium” dei fratelli G. B. e F. Ragazzini da Ravenna, 1583; la “Deposizione” di A.Vitali, allievo del Barocci ( sec. XVI-XVII ); la “Circoncisione” di P. Gaia, 1616. Sull’altare della Deposizione è custodita, una pietà lignea, (fine sec. XV). Menzione particolare merita la “croce astile” in argento del sec. XVI con applicate due superbe piccole sculture di recente attribuite a Pietro Vannini (sec.XV). A tanta floridezza artistica contribuì certamente l’anomala posizione civile ed ecclesiastica in cui Monsampolo si venne a trovare. Questa particolare situazione fu molto utile a diversi vescovi di Teramo che utilizzarono il paese come luogo di rifugio in caso di difficoltà con la corte di Napoli, come nel caso di Mons. F. Monti nel 1669, o con il Capitolo di Teramo, come nel caso di Mons. L. Cassiani che dal 1770 al 1785 governò la diocesi da Monsampolo. Dal 1965 la parrocchia è passata alla Diocesi di Ascoli P. Ulteriori Informazioni Luoghi di Culto....
Nicola Gaetani Tamburini nacque il 5 aprile 1820 a Monsampolo del Tronto. Studiò prima a Fermo poi a Teramo sotto l’occhio vigile dello zio, arcidiacono e canonico del capitolato diocesano abruzzese, infine a Macerata e a Roma dove si laureò con un lavoro sulla concezione politica di Dante Alighieri. Le sue doti letterarie cominciarono presto ad essere apprezzate, come attesta la fitta corrispondenza con i maggiori critici e scrittori dell’epoca, dal De Sanctis al Capponi, dal Tommaseo al Gioberti, dal Mercantini al Mariani. Parallelamente agli studi danteschi, maturò, all’interno del delicato periodo storico dei moti liberali del 1848-49, la sua idea politica sintetizzabile in una “mistura di Dante e Mazzini”. E pur non partecipando attivamente ai moti, la diffusione delle sue idee ne fece subito un “sorvegliato politico” sia dalla polizia pontificia che da quella borbonica. Fu a cavallo del confine rappresentato dal fiume Tronto che, infatti, il Tamburini e altri giovani dalle medesime aspirazioni iniziarono quella fitta corrispondenza all’origine ell’Apostolato Dantesco, Società Scientifica letteraria, sodalizio di menti che nel nome di Dante cercava con tutto l'ardore di portare il loro contributo al processo risorgimentale. Nel 1860, quando il generale francese Lamoricier sconfisse le truppe pontificie a Castelfidardo, Ascoli fu tra le prime città marchigiane ad insorgere e a portare alla liberazione i numerosi prigionieri politici del forte Malatesta, tra cui il Gaetani Tamburini. Ulteriori Approfondimenti Pagina Personaggi Illustri....
TRADIZIONI - LEGGENDA - FOLCLORE
I Cantori di S. Antonio
Antica tradizione rinsaldata negli ultimi decenni dalla partecipazione di diversi giovani di Monsampolo che sfidando il freddo ed il maltempo, subito appresso alle festività Natalizie percorrono a piedi, muniti di antichi strumenti musicali, le vie e le contrade del paese per allietare con i loro suoni e canti in onore di Sant’Antonio, tutti coloro che incontrano sul loro cammino. Momenti di grande gioia e allegria, soprattutto da parte dei tanti paesani residenti in campagna che aspettano l’arrivo dei Cantori per condividere la festa e, a volte, ricordare le belle feste organizzate negli anni precedenti e contribuire con un piccolo obolo il cui ricavato servirà come tradizione vuole ad offrire il pranzo agli anziani di Monsampolo.
Festa in onore di S. Mauro Abate
Celebrazione secolare che si svolge nella piccola abazia dei Santi Benedetto e Mauro e culmina con la processione del simulacro del Santo.
Festa in Onore di S. Biagio
Celebrazione che si perpetua dal XVIII sec. nella contrada Pagliare. La chiesetta rurale sita su un panoramico crinale a nord del centro storico. I riti si concludono il 2 febbraio con la tradizionale processione e benedizione della gola. Sabato precedente al due febbraio fiaccolata per la vita dalla chiesa Parrocchiale alla chiesa di S. Biagio.
Riti della Settimana Santa
Cristo Morto - La secolare processione si snoda per tutte le vie del centro storico. Il corpo del "Cristo Morto" è deposto su un prezioso catafalco ligneo con baldacchino in parte risalente alla fine del XVIII secolo, restaurato ed ampliato all'inizio del'900. "La bara" pesa più di sei quintali ed è trasportata da12 persone. La processione si svolge in modo solenne e vi partecipano le cinque Confraternite che ancora oggi, pur non assolvendo a nessuna obbligazione, partecipano allo svolgimento del rito liturgico. Esse son della Buona Morte, della Madonna del Rosario, del Nome di Gesù, del SS. Sacramento,dei Servi di Maria o dell’Addolorata. I confratelli indossano tuniche con i colori che li contraddistinguono e portano in processione le insegne, i vessilli, i lampioni e le croci processionali, relativi ai propri ordini, risalenti ai secoli XVII-XVIII. Il tragitto è suggestivamente illuminato da fiaccole e lampioncini di legno coperti ai lati con carta sulla quale sono disegnati i simboli della Passione. Sui colli circostanti il paese sono allestite manifestazioni piriche e luminarie raffiguranti croci ed altri soggetti sacri.
Le tre ore di Agonia - Rito di antichissima tradizione riproposto con cadenza triennale nella Chiesa Maria SS. Assunta. Nella Chiesa Parrocchiale viene allestito un suggestivo scenario che riprone il calvario con Gesù e i due ladroni crocifissi. Ai loro piedi sono poste le statue della Madonna Addolorata, S.Giovanni e S.Maria Maddalena. Sette candelabrie sette cartigli neri ricordano le ultime "sette parole" dette da Gesù prima di Morire.
La "Scocetta" - Il Martedì di Pasqua a Monsampolo è la festa patronale della Madonna del Rosario. Da antica tradizione, dopo la processione, ci si incontrava nel piazzale del convento per la scoccetta. La pro loco da qualche anno sta sostenendo questa antica tradizione, che resiste in molti paesi delle Marche: la gara viene effettuata con le uova sode colorate. Il regolamento è semplice: i concorrenti, uno alla volta, battono la punta di un uovo contro quella di un altro; Il guscio che si romperà per primo decreterà il vincitore, che acquisirà l’uovo rotto e continuerà sfidando il vicino. Alla fine, vince quello che ha scocciato più uova. Oggi la scoccetta è un’antica tradizione di un giorno di festa, ma ieri, nella povera economia alimentare della civiltà contadina, la vittoria garantiva ai vincitori i pasti di alcuni giorni.
Venerdì precendente la Domenica delle Palme:
Venerdì Santo:
Martedì dopo Pasqua:
Festa di S.Teopista Martire Romana
La storica Festa di S.Teopista martire romana, morta nel 260 d.C. durante la persecuzione indetta contro i cristiani dall’Imperatore Valeriano , i cui resti , mortali, dal 1665, sono conservati nell’altare urna del SS. Nome di Gesù nella chiesa Parrocchiale Maria Ss. Assunta, ha origine il 5 giugno 1667, data dell'approvazione ufficiale del culto da parte del Consiglio Comunale che sentenziò la decisione di onorare S.Teopista supplicandola "per nostra Avocata et Protettrice, acciò ci difenda et sovvenga nelli nostri bisogni". Questa antica tradizione di onorare la Santa come compratrona della Comunità di Monsampolo è stata riconfermata dal Consiglio Comunale, in data 26 marzo 1999. E' protettrice contro le intemperie.
Sabato/Domenica successiva al 14 giugno:
Il Paese dei Presepi
L'antica tradizione del presepe, ha origini molto antiche nel paese. Negli ultimi anni si è ancor più consolidata, con l'allestimento di opere presepiali di L. Girolami collocate nei percorsi Ipogei del Castello. A queste si sono aggiunte la rappresentazione del Presepe Vivente nel centro storico del paese ed un concorso per il miglior albero e presepe realizzati nelle abitazioni, scule, negozi ecc. del paese.
La Contesa della Semola
La Contesa della Semola non si rifà ad antichi riti o liturgie per la celebrazione di santi o protettori né ripropone antichi giochi o passatempo, ma è la riscoperta di un fatto reale documentato da un atto notarile del 1558. Erano gli anni della guerra chiamata La guerra del Tronto perché per una buona parte fu combattuta lungo il nostro fiume tra le truppe papaline del governatore di Ascoli Giovanni Antonio Toraldo, luogotenente del Duca di Paliano per la provincia della Marca e l’armata del Re di Spagna, al comando del viceré III Duca d’Alba e del suo luogotenente, il marchese di Trivico. Queste posero il loro campo di guerra nei pressi di Ancarano e da qui un gruppo di soldati attraversato il fiume Tronto alla ricerca di cibo e di soddisfazione anche per turpi voglie, giunsero davanti alla porta da monte del nostro paese e lo posero sotto assedio. Certamente, dopo estenuanti trattative con gli spagnoli e ansiosi conciliaboli tra il podestà, i massari ed i notabili, la disparità di forze in campo consigliarono ai residenti di acconsentire alle richieste avanzate dagli assedianti, non prima di aver provveduto a mettere al riparo i bambini e le donne. Così fu ordinato ai due guardiani di porta di aprire agli spagnoli senza ingaggiare battaglia. Nel trambusto susseguente all’ingresso degli spagnoli però ci fu chi pensò bene di approfittare della situazione: due paesani rubarono sei quarte di semola. Da qui il nome della rievocazione. Un gesto che non siamo ancora in grado di accreditare come atto di sfida, propria di giovanile impertinente e coraggiosa sfrontatezza, o come figlio solo della fame, a cui come si sa non si può resistere. Sappiamo di certo che un anno dopo i due giovani furono denunciati ed è da questa denuncia di furto ricevuta dal notaio Bernardino Vannarelli in data 7 Settembre 1558 da cui ha preso l’avvio la manifestazione della Pro Loco di Monsampolo del Tronto. Ulteriori Approfondimenti Pagina Rievocazioni Storiche....
PRODOTTI TIPICI
Il panetto
Noto come panetto di fichi, è il dolce tipico di Monsampolo. Da sempre, con l’inizio dell’inverno e l’approssimarsi del Natale, si elabora questo dolce con ingredienti poveri delle campagne circostanti. Il torrone di fichi è costituito da diversi ingredienti: fichi bianchi sbucciati ed essiccati al sole, mandorle tostate, cedro candito, cacao, cannella, vaniglia, buccia di arance candita, essenze varie. Tutti gli ingredienti vengono amalgamati e sistemati in una piccola forma rettangolare detta “coscena”, qui si lascia asciugare sufficientemente il tutto per poi pressarlo col torchietto e impacchettarlo. La ricetta ha origini molto antiche.Il primo riferimento ad un primitivo dolce di fichi si ha in un documento dell’Archivio Storico Comunale del 1571, da cui risulta che un “camerario” comunale paga due bolognini d’argento per l’acquisto di un “pezzo di fichi”. E’ certo che nel 1700 il panetto di fichi costituiva uno dei dolci tipici della tavola del piccolo centro piceno (“Le antichità Picene” Colucci 1795). Tutte le famiglie lo confezionavano in casa durante il periodo natalizio tanto da divenire, nel corso dell’ottocento, una delle più fiorenti attività industriali della zona. Il panetto di fichi veniva venduto in Italia ma anche all’estero. Qui nella zona era ed è tuttora presentato ogni anno durante la Fiera di San Martino a Grottammare, l’11 novembre. Numerosi riconoscimenti sono stati assegnati al torrone di fichi di Monsampolo: - Medaglia d’oro all’Esposizione Mondiale di Vienna nel 1873, - Medaglia d’oro a Napoli, - Attestato di Merito all’Esposizione Centenario di Filadefia del 1876. Tra gli estimatori illustri di questo dolce si annoverano il poeta Giacomo Leopardi, lo storico,archeologo Teodoro Mommsem (Premio nobel Letteratura 1902), il pittore archeologo ascolano Giulio Gabrielli, il commediografo e regista, Guglielmo Giannetti (fondatore dell’Uomo Qualunque). Con l’inizio della seconda guerra mondiale vennero a mancare gli ingredienti per la produzione del dolce, questo provocò un lento ed inevitabile declino. Oggi a Monsampolo sono rimaste solo due famiglie a produrre i prelibati “Torroni di Fichi” che vengono aromatizzati alla cannella, alla vaniglia, al cacao e all’arancia.
INFO
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Monsampolo - Grande Successo per la Prima Edizione del Presepe Vivente
Monsampolo del Tronto
PRIMAVERA A MONSAMPOLO TRA FEDE, MUSEI E CURIOSITA'
PRIMAVERA A MONSAMPOLO tra fede, musei e curiosità
Museo della Cripta, visita guidata del centro storico con museo civico, museo archeologico e percorsi ipogei
Info e prenotazioni: OIKOS tel. 393 9787891
LA PROCESSIONE DEL “CRISTO MORTO”
Centro storico, venerdì 18 aprile 2014 ore 21,00
La secolare processione si snoda per tutte le vie del centro storico. Il corpo del "Cristo Morto" è deposto su un prezioso catafalco ligneo con baldacchino risalente alla fine del XVIII secolo, restaurato all'inizio del'900. "La bara"pesa più di sei quintali ed è trasportata da12 persone. La processione si svolge in modo solenne e vi partecipano le cinque Confraternite che ancora oggi, pur non assolvendo a nessuna obbligazione, partecipano allo svolgimento del rito liturgico. Esse son della Buona Morte, della Madonna del Rosario, del Nome di Gesù, del SS. Sacramento,dei Servi di Maria o dell’Addolorata. I confratelli indossano tuniche con i colori che li contraddistinguono e portano in processione le insegne, i vessilli, i lampioni e le croci processionali, relativi ai propri ordini,risalenti ai secoli XVII-XVIII. Il tragitto è suggestivamente illuminato da fiaccole e lampioncini di legno coperti ai lati con carta sulla quale sono disegnati i simboli della Passione. Sui colli circostanti il paese sono allestite manifestazioni piriche e luminarie raffiguranti croci ed altri soggetti sacri.
MUSEO DELLA CRIPTA
LE MUMMIE DI MONSAMPOLO
Via Mazzini, dal 18 al 21 aprile, dal 25 al 27 aprile, dal 1 al 4 maggio 2014. Orari 16,00-19,00, venerdì 18 aprile 20,00-23,00
Tipologia: Antropologia e storia del costume. Sono stati portati alla luce oltre 20 corpi umani mummificati. In maggioranza si tratta di mummie “naturali”; tra queste è stato osservato anche un caso di mummificazione antropogenica ottenuta attraverso un procedimento chirurgico di eviscerazione. Le condizioni climatico-ambientali hanno eccezionalmente permesso di conservare i corpi, ma anche gli abiti realizzati con fibra vegetale. L’esame delle vesti ha messo in evidenza, oltre alla varietà delle fogge riconducibili ad un ceto popolare del Piceno, lo straordinario stato di conservazione delle fibre tessili. Tra i pezzi ritrovati: abiti femminili, gilet maschili, calze, cuffie, camicie. Sono tutti molto rappezzati, ma allo stesso tempo ricchi di particolari come bottoncini, preziosi merletti e ricami, segno che i corpi sono stati seppelliti con le vesti povere ma migliori, quelle della festa. I corpi sono stati ricomposti negli ambienti ove sono stati trovati, nella cappella della “Buona Morte” e nell’attigua cripta. In questi suggestivi spazi è stato allestito il racconto del rinvenimento e degli studi e si possono osservare, oltre ai corpi mummificati, gli abiti, i tessuti, i rosari, le medaglie, gli anelli e tutti gli oggetti rinvenuti durante lo scavo archeologico.
I restauri delle opere legate ai riti della Settimana Santa
Una sezione del museo ospita opere d’arte rinvenute durante i lavori di restauro o attinenti alla Confratrernita della buona morte. Sono esposte due interessanti opere devozionali che ancora oggi sono utilizzate nei riti della Settimana Santa: l’Ecce Homo e Gesù Crocifisso delle “Tre ore di agonia”. Nella cappella della buona morteè stato restaurato l’affresco della “Pietà”. A queste opere si aggiungono altre due interessanti sculture devozionali: “La Madonna del Rosario” ed il simulacro di “S.Teopista”.
PERCORSI IPOGEI
Via del Castello punto inf Museo della Cripta, dal 18 al 21 aprile, dal 25 al 27 aprile, dal 1 al 4 maggio 2014. Orari 16,00-19,00, venerdì 18 aprile 20,00-23,00
Terra Vecchia, il nucleo più antico di Monsampolo del Tronto caratterizzato dall’emergenza medievale della torre di massimo avvistamento, sta restituendo alla fruizione pubblica un mondo castellano nascosto e sepolto con ambienti sotterranei costituiti da passaggi, cunicoli, grotte, scalinate, botole, nicchie, pilastri, capitelli e archi di vario genere, il tutto concepito per uno sfruttamento ottimale degli spazi. 120 metri di camminamenti ipogei percorribili, aventi orientamento uno NS l’altro EW, situati sotto il colle di Terra Vecchia. Il percorso NS ha l’ingresso in via del Castello, nell’edificio che ricorda la forma di un’antica Torre quadrangolare. Tali strutture così ben lavorate non trovano, almeno per ora confronti editi nella zona, le condizioni climatiche del luogo molto fredde e umide, sembrano ricondurre ad un luogo dove conservare le derrate alimentari anche se, la singolarità del luogo, può dare spazio ad interpretazioni certamente più suggestive e accattivanti. Da diversi anni il suggestivo percorso ospitata la mostra di presepi artistici di L. Girolami.
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