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NELL’ANNO DI GRAZIA 947
La Nascita del Castello
II topònimo di Acquaviva lo troviamo per la prima volta nel Regestum e nel Chronicon di Gregorio da Catino. I due testi, dei quali il Chronicon costituisce la sintesi del più vasto Regestum, sono una raccolta degli atti giuridici concernenti le proprietà dell'Abbazia di Farfa. Furono stilati, presumibilmente, per porre ordine nel gran numero di acquisti e donazioni e quindi per costituire uno strumento in caso di contenzioso. Nel Regestum il documento che ci interessa è il 354 ed è relativo all'anno 947. In esso così è scritto: «... la stessa isola suddetta e la chiesa e il castello tra Acqua Viva. E la stessa Chiesa di San Martino con i suoi beni che è sita nella stessa piana del Chienti...»(—ipsam suprascriptam insulam et aecclesiam et castellum infra aquam vivam. Et ipsam aecclesiam sancii martini cum dotis eius, quae sita est in ipso plano de clenti...). Nel Chronicon, a conferma di quanto già nel Regestum, si legge:«...inoltre diedi per libello ad un certo Rodoaldo, visconte, un'isola presso il fiume Tronto con la sua Chiesa di Santa Maria e con il castello tra la stessa Acqua Viva e la chiesa di San Martino nella piana del Chienti...»(...item dedit per libellum cuidam Rodoaldo vicecomiti quandam insulam iuxta fluvium Trontise cum ipsius ecclesia Sanate Marie, et cum castello infra ipsam Aquam Vivam, et ecclesiam Sancii Martini in plano Clentis...). Nel Chronicon Acquaviva viene ricordata anche all'anno 1054.
Ma quando è effettivamente nata Acquaviva? Ulteriori approfondimenti pagina Castelli....
ACQUAVIVA
Una Comune delle Marche nel 1798 e 99 e il Brigante Sciabolone è il titolo di un'accurata indagine storica dell'acquavivano Amedeo Crivellucci, da questi data alle stampe nel 1893 a Pisa per i tipi dall'Editore Enrico Spoerri. La storia di quelle vicende, ricca di luci eroiche e di ombre nefaste, è qui riportata nei suoi fatti salienti. L'ondata rivoluzionaria che dalla Francia si stava diffondendo in Italia, giunse, nel febbraio del 1797, nelle Marche dove, il 19 del mese, venne stipulato il Trattato di Tolentino tra Pio VI e Napoleone Bonaparte. Iniziava così il processo di democratizzazione dei territori già facenti parte dello Stato della Chiesa. Acquaviva, che all'epoca contava circa 1700 abitanti, già dal 18, aveva deciso di darsi un governo cittadino. Figura chiave di tale decisione fu Domenico Notari, emissario francese, che, da Macerata, era stato inviato in vari comuni della Marca per provocare sommosse filofrancesi. Forse un piccolo tumulto, ma senza seri incidenti, si verificò anche ad Acquaviva per cui fu deciso, in una riunione comunale, di eleggere due cittadini perché si recassero a Fermo ed a Macerata e, infine, dal generale Vial per ricevere più specifici ordini. Furono nominati Luigi Rossi e Domenico Panelli, dei quali erano note le doti di rettitudine e d'ingegno. Il 23, ci fu un altro consiglio nel quale fu costituita la Municipalità. Furono eletti il ricordato Luigi Rossi, Filippo Vulpiani, che fu eletto primo cittadino, Giuseppe Piattelli, Alessandro Rossi e Serafino Neroni.
Tra gli Acquavivani di sentimenti repubblicani è da ricordare soprattutto il curato Vincenzo Piattelli, fratello dell'eletto Giuseppe. Fu formata la guardia civica e fu innalzato l'albero della Libertà in mezzo alla "piazza". Acquaviva era classificata nel Dipartimento del Tronto, primo distretto, Cantone VII, e, per l'amministrazione giudiziaria, dipendeva dal Tribunale di Fermo. Ma già nella primavera del 1798 i briganti dell'Appennino Marchigiano cominciavano ad organizzarsi in bande contro i Francesi. Ad essi si aggiungevano bande provenienti dall'Abruzzo e bande provenienti dal Regno di Napoli, i cosiddetti Sanfedisti. Tra i capibanda più potenti c'erano il marchigiano Giuseppe Costantini, nativo di Lisciano, detto Sciabolone, e Donato De Donatis, abruzzese, ex sacerdote. Questi banditi erano chiamati "insorgenti" e commettevano ogni tipo di violenza al grido di «Viva Maria!». A capo di questa marmaglia si pose un ex ufficiale dell'esercito francese, La Hoz. Tra gli insorgenti e i Francesi si giunse, nel febbraio del 1799, ad una pace, detta Pace di Mozzano, dal nome del paese, presso Ascoli, nel quale fu stipulata. Alle trattative prese parte anche Sciabolone. Ma gli insorgenti continuarono ugualmente ad occupare varie città delle Marche e dell'Abruzzo.
Il 27 maggio 1799 Donato De Donatis, in nome di Ferdinando IV re delle Due Sicilie, con un proclama, invitava Acquaviva a passare dalla parte degli insorti. Ma Acquaviva, mentre tutte le altre città avevano già ceduto alla controrivoluzione, si apprestò a resistere. Il conte Pacifico Boccabianca comandava una cinquantina di difensori, tra i quali alcuni ferventi repubblicani della zona che si erano rifugiati nel Castello. A porre l'assedio, il 6 luglio, furono Sciabolone, con 400 uomini e, forse, De Donatis con i suoi. L'assalto durò molte ore e furono usati pezzi di artiglieria. Poi gli assalitori riuscirono a penetrare nascostamente attraverso la finestra di una casa vicino a Porta Vecchia e di lì si aprirono la strada fino a Porta da Sole, che distrassero con una cannonata, divenendo così padroni del paese. Accortisi del fatto, i difensori, invece .di chiudersi nella Rocca per continuare la resistenza, preferirono trattare affinchè fosse risparmiato al paese il saccheggio. Sciabolone acconsentì ma, una volta imprigionati i capi della resistenza, permise uno spaventoso saccheggio al quale partecipò personalmente.
Furono anche appiccati incendi alle due porte e, proprio da Porta da Sole, le fiamme raggiunsero il palazzo del municipio incendiando la sala e l'archivio. Rimasero uccisi in vari modi 18 uomini e 4 donne, tra le quali Rosa vedova Piattelli, madre di don Vincenzo, di Antonio e Giuseppe, la quale fu trucidata per aver esclamato «Viva la Repubblica!». Il saccheggio si protrasse per più giorni e provocò anche altre vittime. Furono completamente spogliate le case e del paese e del contado e molte furono date alle fiamme. Anche alcuni realisti della zona contribuirono a spogliare le case di coloro che erano sfuggiti ali'ira di Sciabolone. Terminate le stragi, posto fine al saccheggio e domati gli incendi, di tutta quella rovina furono considerati responsabili non già i briganti ma i repubblicani, che avevano osato porre resistenza, i quali furono a lungo perseguitati. Tornò l'antico regime e Acquaviva rimase sempre unita alla provincia di Fermo.
Con lentezza la vita riprese, furono cancellate le tracce dolorose di quel biennio di lotte e si aprì una nuova porta nel perimetro delle mura, Porta Nova. Nel 1857 Pio IX salì fino alla Rocca: era una delle ultime visite del papare. Siamo ormai al nostro Risorgimento e ai moti per l'annessione delle Marche al Regno di Vittorio Emanuele II. Gli acquavivani parteciparono, direttamente od indirettamente, anche a questi moti. Si ricorda, tra gli altri, il Dottor Romolo Piattelli (1841 1931) che curò Giuseppe Garibaldi ferito ad un ginocchio nella battaglia d'Aspromonte. La cura prescritta dal Piattelli era, al tempo, quasi sperimentale e consisteva nell'uso terapeutico dei bagni di mare. A giudicare da alcune lettere scritte dall'Eroe dei Due Mondi sembra che la cura risultasse efficacissima. Dopo la sconfitta dell'esercito pontificio a Castelfidardo, l'8 settembre 1860, i Cacciatori del Trento occuparono le postazioni più strategiche della zona, compresa Acquaviva. Col plebiscito del 3-4 novembre 1860, Acquaviva entrava a far parte del Regno d'Italia, allegata alla Provincia di Ascoli.
ACQUAVIVA PICENA
Dopo l'unità d'Italia Acquaviva mutò il nome in Acquaviva Picena per non confonderla con altre omonime località italiane. La popolazione, al 1860, era di 2011 abitanti. I censimenti successivi registrano, alternativamente, incremento e decremento: nel 1901 gli abitanti sono 2874; nel 1951 sono 3638; nel 1981 sono 2656; nel 1991 sono 3100. Tra i sindaci più illustri va ricordato il dottor Luigi Rossi Panelli che, oltre ad eccellere nella sua professione, salito alla massima carica comunale nel 1899, dopo essere stato eletto Consigliere Comunale, molto contribuì ad incrementare i servizi sociali: istituzione della condotta veterinaria, ampliamento dell'ospedale, miglioramento della viabilità. Sotto di lui Acquaviva, seconda in tutta la Provincia, ebbe l'impianto d'illuminazione elettrica. Fu anche il fondatore e primo presidente della Cassa Rurale di Depositi e Prestiti. Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo incremento dovuto alla concomitanza di alcuni essenziali fattori. L'attiva politica industriale (industrie manifatturiere) si è, infatti, sviluppata non disgiuntamente da un'attenta salvaguardia dell'ambiente. Il patrimonio storico-naturalistico è divenuto negli anni un preciso richiamo per i turisti alla ricerca della pace e della serenità, fuori degli affollati circuiti balneari.
Alberghi e ristoranti sono in grado di accogliere e soddisfare le esigenze degli ospiti, mentre una serie di iniziative animano il borgo specie nei mesi estivi. Gli appuntamenti più collaudati son in inverno, Jeme a canta Sant'Antonie; in primavera, la processione del Venerdì Santo; in estate, il Mercatino, 1' Antiquariato entro le mura, la Settimana dell'Agriturismo, il Palio del Duca, la Cena del Duca, gli Incontri con l'Arte. Sullo stemma del Comune campeggia l'antica Rocca che, più di una memoria storica e più di un'importante presenza urbanistica, è il cuore di Acquaviva, un punto di riferimento per l'intera collettività che, onorandola, onora le sue origini. Alla sinistra della Rocca vi è una croce a significare un precisa identità religiosa cui da sempre la collettività si è ispirata. Sotto la Rocca si adagia un mare appena mosso da piccole onde ad indicare quella lontana marina per la cui difesa la Rocca fu costruita. Oggi che la Rocca di Acquaviva non deve più difendersi da nemici tradizionali, essa si erge a salvaguardia di quella cultura del lavoro, della pietà, della laboriosità, del rispetto per gli uomini, per le cose e per il territorio che da sempre ha caratterizzato i suoi abitanti.
L’Impianto Urbano
Le mura, le porte, i palazzi La Rocca o Fortezza costituisce il punto più avanzato verso Ovest del complesso fortificato di Acquaviva. L' organismo difensivo, quale oggi ancora sostanzialmente appare, risale al XIV secolo. Nel tracciato più antico, comprendente Terra Vecchia, si apriva un'unica grande porta, detta Porta Vecchia. Quando poi il paese si ampliò con l'aggiunta di Terra Nova, il complesso difensivo si estese comprendendo i due colli che confluiscono al centro nell'odierna piazza San Nicolo. Le due Terre costituiscono oggi i due Rioni del Colle o della Civetta (Terra Nova) e della Rocca o dell'Aquila (Terra Vecchia). Le abitazioni esterne costituiscono buona parte del circuito difensivo unitamente a tratti di mura che furono aperti con altre due porte: la Porta da Sole (oggi detta Porta di Piazza), con doppia arcata a sesto acuto che immette sulla ricordata piazza San Nicolo, e la Porta da Bora che si apre poco lontano ma sull'altro versante del paese, verso Nord-Ovest. Nel 1800 fu aperta Porta Nova nel tratto murario della zona del Colle.
La struttura difensiva è rafforzata in più punti da torri con beccatelli. Una imponente torre pentagonale e in un tratto di mura presso la Rocca, non lontano da una porta aperta nel 1906. Due piccoli torrioni, dei quali uno antico, delimitano Porta da Bora. Un'altra torre cilindrica sorge all'estremità di via Del Forno. La torre più cospicua, che un tempo doveva essere baluardo autonomo, sorge sulla parte più alta del Colle, protesa verso il litorale. Costituiva parte integrante delle difese un camminamento parzialmente coperto presso Porta Vecchia. Il passaggio, recentemente restaurato, ha da antichissimo tempo il nome di Trabucco forse perché vi erano un tempo collocati dei trabucchi, macchine militari affini alle catapulte (il nome passò anche ad indicare alcuni tipi di artiglieria). Tra tutte le porte la più suggestiva è Porta Vecchia, ornata superiormente da merli parzialmente ricostruiti. La parte a valle è definita da un'arcata gotica a doppia ghiera, con fregi fitomorfi. La rampa d'accesso è parallela alla cinta muraria per motivi difensivi essendo volta, come le troiane Porte Scee, in modo che l'assalitore offrisse il lato destro agli assediati.
La Torre Civica, che risale al 1300, un tempo si trovava presso la cinta muraria. Sormontata da una piccola cella campanaria è stata trasformata in torre dell'orologio. Le parti più antiche presentano un tessuto murario compatto aperto da una monofora e segnato da una cornice marcapiano e da alcuni beccatelli. Il paese antico si articola entro le difese con andamento Est Ovest fortemente allungato per la conformazione orografica. Le case sono in mattoni con cornici marcapiano, portali e modanature sempre in cotto. L'uso del mattone arrotato e levigato si fa sempre più frequeste e diffuso soprattutto a partire dal 1700 per il grande incremento che all'epoca ebbero le fornaci marchigiane. L'immagine comune di riferibilità architettonica conferisce all'insieme grande armonia. Le principali strade, talora raccordate da rampe, hanno andamento parallelo e si ripartono dalla centrale piazza San Nicolo. Sulla piazza affacciano la Torre Civica, la chiesa di San Nicolo, un belvedere e la bella casa Rossi Panelli. Questa è una solida costruzione in laterizio del XIX secolo con severo portale e due ordini di finestre. Le finestre del piano superiore, delimitate da colonnine in pietra d'Istria, presentano un fastigio timpanato.
I tracciati più suggestivi del Rione Rocca sono il ricordato Trabucco e via Marziale che, raccordandosi a via San Rocco, immette sulla piazza Del Forte. Su via Marziale affacciano alcune delle più belle case acquavivane. Al n.43 una bella costruzione e stata trasformata nell'albergo-ristorante "O'Viv"; al n.36 e Palazzo Sciarra, con l'elegante portale Rococò completamente in mattoni; al n. 23 è una delle più antiche case del paese, risalente al 1500, con cornice in cotto a girari di foglie e due monofore ornate anch'esse con cornici in cotto. Il Rione Colle, che sorge al lato opposto rispetto a piazza San Nicolo, è percorso, nella parte bassa, da due strade parallele: via Del Cavaliere, sulla quale è la sede della Confraternita del Rosario, e via Dell'Ornato ove affaccia la semplice facciata della chiesa di San Giuseppe. Nella parte alta l'articolazione viaria, sempre ad andamento prevalentemente parallelo, risulta più complessa.
Il Palazzo Municipale
Il Palazzo Municipale si affaccia su via San Rocco. Ha un imponente portale arricchito dal sovrastante balconcino con ringhiera in ferro battuto. La costruzione settecentesca era di proprietà della famiglia Chiappini. Dall'ampia scala interma si accede, al piano nobile, nella Sala di Venere, che prende il nome dalle decorazioni sul soffitto: il trionfo di Venere attorniato da quattro miti della dea (il giudizio di Paride, la toeletta di Venere, Venere e Adone, Venere e Amore). Da questa sala si accede alla Sala della Genesi, oggi ufficio del Sindaco, così detta dal tema delle pitture a tempera su grandi tele, che rivestono completamente le pareti, completate da dipinti a tempera sul soffitto. Dalla Sala di Venere si accede anche alla Sala di Psiche che prende il nome dalle nozze di Amore e Psiche che sono al centro del soffitto, attorniate da scene relative a quel poetico mito. il piano terreno del palazzo e' stato restaurato ricavandovi la Sala del Palio, un articolato spazio adatto a manifestazioni espositive.
LUOGHI DI CULTO E ARTE
LE CHIESE MINORI
San Giuseppe
E' una piccola chiesa la cui facciata in laterizio è incastonata tra le case di via Dell'Ornato. Ancora visibile l'abside piatta con antica finestra circolare e il campaniletto a vela. Attualmente è sede della Confraternita del Cristo Morto.
Chiesa Madonna della Pietà
E' una piccola costruzione di impianto barocco di pianta poligonale coperta da una cupola a spicchi, che sorge fuori del perimetro murario su di un'antica chiesa trecentesca. Attualmente è sede della Confraternita del Santissimo Sacramento.
Santa Maria in Accubitu
E' una piccola costruzione extraurbana di origine medioevale. La porta trabeata è sormontata da pietre sagomate disposte con andamento ad arco. Le pietre presentano interessanti decorazioni zoomorfe e fitomorfe risalenti all’ epoca romanica. Uno stemma papale cinquecentesco è posto al di sopra della porta. La facciata è oggi inserita in una più ampia struttura colonica. La chiesa si trovava un tempo su una delle strade di accesso al paese.
Santa Maria delle Palme
E' una piccola cappella medioevale extraurbana con campanile a vela oggi all'interno della proprietà Sciarra.
ARTIGIANATO E ANTICHE TRADIZIONI
Le Pagliarole
"Grossi fasci di paglia scelti fra i grani maturi sono sottratti anzitempo al rovinio della trebbia. - Fastelli mondati intrecciati con flessibile giunco diventano utili cesti per granaie, derrate o secchi legumi. - Lunga treccia si snoda serrandosi in abbraccio a spirale, ornandosi all'ultimo giro di colore vivace. - Industria povera, serve per un magro guadagno. Ma nel tepore di lana gentile anche il sonno d'un bimbo contenne: il cesto di paglia fu culla, fu nido ai figli di povera gente".
I versi, semplici ma densi di una trattenuta commozione, sono dell'acquavivano Padre Francesco Arnaldo Angellotti (1919-1987), un francescano amante delle bellezze dello spirito, della natura, dell'arte e della poesia. La lirica Le pagliarole, scritta nel settembre del 1980, è l'ideale introduzione al più tipico artigianato acquavivano, quello, appunto, dei cesti di paglia che, nel locale dialetto, sono chiamati "pagliarole". A dedicarsi a questo complesso e articolato lavoro, eseguito completamente a mano, con l'esclusivo ausilio di un punteruolo, sono le donne. La lavorazione è lunga perché, oltre al momento esecutivo, prevede fasi successive per la preparazione dei materiali: paglia, salice e cannetta selvatica. Il lavoro ha inizio al tempo della mietitura quando si raccoglie il grano del quale, tolta la spiga, si trattiene il culmo. Ma oggi le trebbiatrici frantumano i culmi rendendoli inutilizzabili per la lavorazione. Ancor oggi, quindi, è indispensabile che la paglia venga tagliata con la falce per essere raccolta in fasci. Si preparano poi i rami lunghi del salice, i "vinci" , che vengono conservati in grotte, sotto uno strato di paglia triturata, e continuamente bagnati con acqua così che, col tempo, la corteccia si stacchi. La parte centrale del salice, bianca, viene tagliata con il "paccacrolle", uno strumento di legno a forma di bacchetta scanalata, che, da un ramo, consente di ricavare tre o quattro filamenti detti "crolle".
Anche la corteccia viene tagliata per ricavarne sottili listelli di colore scuro. Le crolle vengono poi conservate in piccole matasse. Sono così pronti gli ingredienti base per realizzare le pagliarole, che vengono ottenute legando la paglia con le crolle. I cesti sono rotondi, più o meno profondi e più o meno grandi; i piccoli vengono detti "pagliarolette". I cesti ovali vengono chiamati "nannette". Le piccole cannette selvatiche dette "cannucce", servono per realizzare i "crivellicci", dei piccoli setacci il cui bordo e di paglia legata dalla crolla e il fondo di cannucce poste parallele tra di loro è a distanza regolare. Molto tipico è lo "sfarinapesce", il cui uso è chiaramente desumibile dal nome. E' questo un insieme di due cesti di identica misura e di forma ovale; il superiore e un crivellicelo, l'inferiore è una nannetta che serve a raccogliere la farina eccedente. I cesti più eleganti sono guarniti con i filamenti più scuri di corteccia di salice o con fili colorati. Alcuni cestini assumono forme elaboratissime con bordi frastagliati della lievità di un merletto. Tutto il lavoro viene eseguito tenendo la paglia e le crolle immersi nell’acqua per renderli duttili alla lavorazione.
Le donne indossano dei “manicotti” di tela pesante per impedire alla paglia ed alle crolle di produrre abrasioni sugli avambracci. I cesti erano, e sono ancor oggi, impiegati per vari usi: per contenere legumi, tra i quali gli ottimi ceci della zona, frutta e verdura, ma anche i dolci tipici quali il "fistingo" natalizio e i "cacioni" pasquali. Il fistingo è un dolce fatto con prodotti locali quali il tritello di farina, le noci, le uova, con l'aggiunta di ingredienti più esotici quali liquore, aromi, cioccolato e caffè in polvere. I cacioni sono grossi ravioli di pasta con ripieno di formaggio che vengono cotti al forno. Ma le pagliarole un tempo, come ricorda l'Angellotti, potevano diventare anche delle culle. Fino a non molti anni addietro le donne acquavivane si dedicavano anche ad un'altra forma di artigianato, la tessitura di lino, cotone e lana. Eseguivano tessuti semplici ma resistentissimi con telai a mano ed in alcune case ancor oggi si conservano alcuni di quegli indistruttibili lenzuoli. Scomparsa è anche un'altra attività che è stata viva fino agli anni Trenta, la bachicoltura. Nelle campagne è possibile individuare ancora qualche capannone attrezzato a tale scopo. La zona è infatti ricchissima di gelsi tanto che in contrada San Giacomo è ancora in fiore il gelso più grande d'Italia.
GLI UOMINI ILLUSTRI
Amedeo Crivellucci
Nato ad Acquaviva il 20 aprile 1850, il Crivellucci compì gli studi classici nel Seminario di Ripatransone e conseguì la laurea in discipline storiche all'Università di Berlino. Si dedicò all'insegnamento, prima in licei poi presso l'Università di Pisa dove, dal 1885 al 1907, tenne la cattedra di Storia Medioevale e Moderna per passare poi all'Università di Roma. A Pisa sposò una giovane allieva di origine russa, artista e poliglotta. Morì a Roma l'11 novembre 1914. Ulteriori Approfondimenti....
Gelso Ulpiani
MANIFESTAZIONI E RIEVOCAZIONI STORICHE
Jeme a cantà Sant'Antonie
E' il più antico e tipico canto itinerante di questua di Acquaviva. Si canta nella settimana che precede il 17 gennaio, ricorrenza di Sant'Antonio Abate. Il canto, in origine spontaneo, col tempo è stato codificato assumendo una caratteristica prosodia. I cantori, accompagnati dal suono dell'organetto e del tamburello, girano per il paese e si soffermano davanti ai portoni a cantare una strofa e ricevere dagli abitanti della casa dolci o denari o un bicchiere di vino. Un tempo, invece, ricevevano le parti più umili del maiale che era stato da poco lavorato. Ancora in tempi non troppo remoti i canti di questua caratterizzavano varie feste religiose quali l'Epifania e il Venerdì Santo. All'Epifania si cantava la Pasquetta, un canto, in occasione del nuovo anno, nel quale si augurava alla famiglia, che abitava nella casa presso la quale i cantori si erano soffermati per la loro esibizione, ogni bene e, in particolare, alle ragazze di trovare un buon marito. Ma se la famiglia non dava l'offerta sperata allora, invece degli auguri, fioccavano epiteti non certo lusinghieri. Al Venerdì Santo si cantava il Gran Cordoglio, un canto molto tipico per coro e voce solista. Ma l'unico canto ad echeggiare ancora oggi tra le strade di Acquaviva è, come già ricordato, quello per Sant'Antonio Abate, un santo particolannente legato alle tradizioni contadine.
La Processione del Venerdì Santo
Si snoda lungo le vie del centro storico, di sera, alla suggestiva illuminazione di fiaccole. Viene portata in processione la pregevole ed antica bara lignea col Cristo Morto seguendo un percorso che parte e ritorna nella Chiesa di San Nicolo. L'accompagnano altre belle e antiche statue in cartapesta raffiguranti i personaggi principali del sacro cordogli la Vergine Maria, la Veronica, la Maddalena, San Giovanni Evangelista e quattro Angeli con i simboli della Passione. Durante l'anno sia la bara con il Cristo sia le altre statue sono conservate nella Chiesa di San Nicolo in un'apposita cappella. Alla processione partecipano i membri delle tre confraternite acquavivane indossando i loro caratteristici abiti. Precede la Confraternita del Cristo Morto, in abito nero, e l'accompagnano la Confraternita del Santissimo Sacramento, in abito bianco e rosso, e la Confraternita della Madonna del Rosario, in abito bianco e nero.
Il Mercatino dell'Artigianato e dei Mestieri
Si svolge tutti i mercoledì dei mesi di luglio e agosto. Richiama una gran folla di venditori e di acquirenti. Non mancano anche rivendite di miele, vino ed altri prodotti delle locali fattorie. I banchetti di vendita sono collocati sulla piazza Della Rocca e lungo le vie del centro storico. La manifestazione, che attira ad Acquaviva numerosi visitatori che vi accorrono dall'affollata riviera, è nata come Mercatino dell'Artigianato e dell'Antiquariato con gli oggetti d'antiquariato esposti prevalentemente nella piazza del Forte. L'Antiquariato entro le mura ha luogo nella seconda quindicina di luglio. La manifestazione è ospitata nella Chiesa di San Rocco e nella Sala del Palio del Palazzo Comunale. Quando le proposte antiquarie, inizialmente esposte al Mercatino del mercoledì, sono assurte a notevole livello qualitativo, si è predisposto per esse uno spazio apposito e meglio protetto per venire incontro alle esigenze degli espositori e del pubblico sempre più numeroso.
Il Palio del Duca
Si svolge il primo venerdì di Agosto, è la rievocazione di giochi che traggono ispirazione dal mondo medioevale e che vedono affrontarsi i due rioni del centro storico: la Rocca e il Colle, rispettivamente nel segno dell'Aquila, coi colori azzurro e arancio, e della Civetta, coi colori nero e giallo. I contendenti si affrontano in alcune gare. Tradizionale è il taglio di un grosso tronco. Tipicamente acquavivana è, invece, la corsa delle donne con in capo le "pagliarole". Il Palio (un dipinto appositamente realizzato, ad ogni edizione, da un artista diverso) viene consegnato al rione vincitore nella gara finale, la Ruota del Duca che consiste in un complesso tiro alla fune. Ma le celebrazioni non si limitano ai giochi, infatti ne fanno parte integrante altri suggestivi momenti quali la benedizione del Palio, che ha luogo nella Chiesa di San Nicolo, e la sfilata storica. La sfilata è forse il momento più felice della manifestazione e vi partecipa buona parte della popolazione d'Acquaviva che indossa abiti dell'epoca di Rinaldo Acquaviva. E' la rievocazione del corteo per le nozze della bella e intrepida Forasteria con Rinaldo di Brunforte, e vi partecipano, accanto agli sposi, i genitori della sposa, Rinaldo Acquaviva con la consorte, unitamente a notabili, armigeri, sbandieratori, damigelle, popolani, ognuno dei quali ha con sé gli strumenti del proprio lavoro. Particolare cura e diligenza è stata seguita nella realizzazione degli splendidi costumi.
La Cena del Duca
Ha luogo la domenica successiva al Palio. Alla cena, alla quale presenziano i protagonisti delle auguste nozze con il loro seguito più ristretto, tutti possono partecipare, fino, ovviamente, ad esaurimento dei posti! La cena e imbandita all'interno della corte della Rocca, appositamente addobbata. Vengono serviti cibi cotti secondo antiche ricette tradizionali: minestre di legumi (in particolare di ceci), lessi, arrosti, formaggi di pecora, dolci secchi, frutta fresca. Le vivande vengono gustate in ciotole di terracotta e l'unica posata è un mestolo di legno. Anche per il vino i bicchieri sono di terracotta. L'acqua è rigorosamente naturale. Il festino è allietato da danze, e musiche d'epoca e dai giochi dei saltimbanchi.
Gli Incontri con l'Arte
Sono anch'essi una manifestazione collaudata nell'ambito delle attività culturali dell'estate acquavivana. Nati nel 1980 con mostra di dipinti ex-tempore, hanno poi assunto la fisionomia di Rassegna ad inviti. Tra i primi curatori si ricorda il critico Elverio Maurizi. Tra gli artisti più celebri le cui opere sono state esposte nel corso delle varie edizioni si ricordano: Guelfo Bianchini, Remo Brindisi, Corrado Cagli, Arnaldo Ciarrocchi, Pericle Fazzini, Carlo Levi, Edgardo Mannucci, Umberto Mastroianni, Tullio Pericoli, Walter Piacesi, Domenico Purificato, Wladimiro Tulli, Valeriane Trubbiani. La manifestazione ha trovato, a partire dal 1991, una degna collocazione nella Sala del Palio del Palazzo Comunale.
La Settimana dell'Agriturismo
Si svolge nella seconda settimana di luglio e prevede numerose iniziative tra le quali la degustazione e la vendita di prodotti enogastronomici locali e di piatti tipici: spiedini, coniglio 'ncip 'nciap, maccar'nitt (maccheroncini), 'nsalata tr'vata (insalata mista dei campi), cacioni... Il tutto è accompagnato dai tipici vini di Acquaviva: Rosso Piceno Superiore (d.o.c.), Bianco Falerio (d.o.c), Rosato delle Marche, Rosso Novello. Numerose sono anche le manifestazioni folcloristiche, organizzate nella circostanza, che hanno luogo nella suggestiva cornice della Rocca: danze tipiche quali il "saltarello ed esecuzione di canzoni "a dispetto", di brani musicali per organetto (un particolare tipo di fisarmonica) e di canti itineranti di questua. La manifestazione vuole sollecitare, tra l'altro, l'attenzione per l'agriturismo, una nuova formula di vacanze che favorisce il riposo, le attività sportive all'aria aperta, la cucina tipica e genuina, avvicinando alla campagna, ai suoi ritmi e ai suoi rituali, coloro che vivono in città. Nella campagna acquavivana, infatti, alcune aziende agricole si sono attrezzate per ricevere degli ospiti stagionali.
Acquaviva Picena anche nella pagina Facebook di AvventuraMarche
SACRA RAPPRESENTAZIONE DELLA "PASSIONE DI CRISTO"
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Acquaviva Picena - Prasentation Deutscher Sprache
Acquaviva Picena da "Bella Italia"
Acquaviva Picena - Itinerari d'Italia "Family life"
CALENDARIO MANIFESTAZIONI 2013
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