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TUTTO IN SEI ANNI
Castel Clementino costruito dal 1773 al 1779 - Le suppliche dei Serviglianesi al Papa
Per la costruzione di Castel Clementino, l'attuale Servigliano, ci vollero solo sei anni: dal 1773 al 1779. Nel 1769, con l'inizio del pontificato di Clemente XIV, l'architetto Virginio Bracci viene incaricato di studiare i provvedimenti per consolidare Servigliano, il cui vecchio incasato - a rischio smottamento a causa di infiltrazioni d'acqua - si trovava nell'attuale frazione Curetta. La soluzione arriva in due mesi: non c'è tempo da perdere, il borgo deve essere ricostruito a valle, nell'area adiacente al convento dei Frati Minori Osservanti. Le suppliche dei serviglianesi hanno buon esito. E non a caso, visto che potenti famiglie del luogo avevano contribuito all'elezione al soglio pontificio di Giovanni Vincenzo Ganganelli (Papa Clemente XIV). Giandomenico laffei, delegato della Comunità di Servigliano, si reca personalmente a Roma a far visita al nuovo Papa. Così il 9 ottobre 1771, Clemente XIV scrive di proprio pugno il Chirografo per la costruzione del nuovo centro di Castel Clementino. La bolla papale stabilisce costi, tempi, incarichi, materiali. L'avvio dei lavori, e in sei anni ecco il gioiello urbanistico oggi studiato in tutto il mondo: decine le tesi di laurea dedicate al "Castrum" serviglianese; centinaia le pubblicazioni, dall'America alla Germania.
Questa pubblicazione prende spunto dagli studi degli storici Angelo Paci e Carlo Tomassini, capaci come pochi in Italia di leggere documenti (anche in latino). Una vita, la loro, passata nei polverosi archivi di Stato. La dedizione per la terra natia e il desiderio di conoscenza li spinsero, nel 1988, alla lettura del Chirografo Clementino del 1771 (si servirono della copia conforme del 1811) e di altri due documenti inediti: le Memorie dell'edificazione di Castel Clementino registrate dal sacerdote don Filippo Celestino Monti; la Memoria del diruto castello di Servigliano. Ebbene, quegli studi fino ad ora erano trascritti su fogli battuti a macchina, rilegati artigianalmente in due copie. Con questa pubblicazione la vera storia della ricostruzione di Servigliano potrà essere divulgata ampiamente, a partire delle scuole e dalle Università. L'idea di stampare il volume scaturì anni fa da un dialogo con il prof. Vittorio Virgili, per anni vice presidente della Fondazione Carisap. Da cultore di storia locale e persona di spessore qual era, rimase colpito dai documenti e dall'unicità delle vicende che portarono alla costruzione di Castel Clementino. Il suo primo pensiero? "Dobbiamo stampare questi studi e farli leggere ai ragazzi", disse. Così il Comune di Serrvigliano e la Fondazione Carisap sposarono il progetto. Vittorio Virgili da un anno è volato in ciclo e chi ha avuto modo di apprezzarne le qualità umane non lo dimenticherà mai. Gli sarò grato per sempre. La dedica su questa pubblicazione è tutta per lui.
(di Fabio Paci - Giornalista de "Il Mesaggiero")
CLEMENTE XIV e PIO IV
La storia dei due Papi che ricostruirono Servigliano
Anni non facili quelli che accompagnano l'elezione al soglio pontificio del cardinale Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli, che prenderà il nome di Clemente XIV, e del cardinale Giovanni Angelo Braschi, Pio VI. Anni in cui forti sono le pressioni delle grandi monarchie europee nei confronti del papato, soprattutto per quanto riguarda la presenza della Compagnia di Gesù nei territori europei e non solo. Già il predecessore di Clemente XIV, Papa Clemente XIII aveva assistito, impotente, all'allontanamento dei Gesuiti dal Portogallo, dalla Francia, dalla Spagna e dal regno di Napoli. Solo l'Austria resisteva a questo vento che voleva spazzar via la Compagnia di Ignazio di Lojola: Maria Teresa era molto vicina ai Gesuiti e, secondo elemento, nel suo impero iniziavano ad essere messi in atto quei principi che vanno sotto il nome di "giuseppinismo" e che consistevano in una riforma radicale dei rapporti tra Stato e Chiesa con l'obiettivo di limitare e ridurre l'organizzazione ecclesiastica. In questo quadro che vedeva l'Europa farsi sempre meno cristiana, i sovrani europei sollecitarono un impegno concreto del Papa per la soppressione completa della Compagnia di Gesù, in sintonia con le iniziative già adottate da alcuni stati europei che avevano messo al bando l'Ordine. La questione della soppressione dei Gesuiti, e il conseguente aperto contrasto tra il Papa e i sovrani europei fa da sfondo al Conclave che si apre il 15 febbraio del 1769. Due schieramenti si contrappongono: coloro che sono attenti ai voleri delle corti europee e i cosiddetti "zelanti", cioè quanti guardano ad una chiesa slegata dalle volontà politiche delle case regnanti. Ci vollero tre mesi e quattro giorni, 179 votazioni, prima della fumata bianca.
Un fatto eclatante e anomalo fu l'arrivo a Roma, a metà marzo, del primogenito di Maria Teresa, l'arciduca Giuseppe, che chiese, ed ottenne, di entrare in Conclave: per diversi giorni parlò con i cardinali e disse loro che l'imperatrice madre non avrebbe mosso un dito nel caso si decidesse per la soppressione della Compagnia. Così fu eletto il cardinale Giovanni Vincenzo Antonio Ganganelli che sembrava, ai più, propenso a sciogliere l'ordine fondato da Ignazio di Lojola. Piccola curiosità: tre mesi dopo l'elezione, il 15 agosto del 1769 nasce Napoleone Buonaparte, che avrà un ruolo non secondario nelle vicende dello Stato Pontificio. Come si può immaginare tutto il pontificato di Clemente XIV venne letto alla luce di quell'atto e anche la morte del Papa, alimenta le voci di una manovra messa in atto proprio dai gesuiti. Ma Papa Clemente va ricordato soprattutto per le iniziative avviate per tornare in possesso dei territori tolti alla Chiesa, e in questo senso la soppressione della Compagnia si tramutò, appunto, in gesti di riconoscenza; non secondario è anche l'impegno messo in atto dal Papa per l'avvio di opere e lavori importanti come l'inizio del prosciugamento delle paludi Pontine e realizzazioni architettoniche, non ultima la ricostruzione del borgo di Servigliano, come illustra egregiamente questa pubblicazione curata da Fabio Paci, che ci dona anche documenti originali non facilmente consultagli. Interessante è anche il chirografo di Papa Clemente che descrive gli impegni di spesa, come si direbbe oggi, e le opere da realizzare per il bene della comunità locale.
A Clemente XIV succede Pio VI, dopo un conclave che dura quattro mesi, sottoposto anch'esso alle medesime pressioni che avevano condizionato la precedente elezione. In più c'è da registrare, per restare nel panorama europeo, la prima delle spartizioni della cattolica Polonia, quella del 5 agosto 1772, tra Russia, Prussia e Austria. Pio VI è stato un Papa amante delle lettere e grande mecenate; come sovrano cercò di migliorare le strutture economiche e amministrative dello Stato Pontificio tentando una riforma finanziaria, catastale, legislativa e giudiziaria con la quale si propose di svecchiare le strutture statali. Un altro impegno che portò avanti, il miglioramento delle comunicazioni rendendo più agibili strade fino a quel momento a malapena percorribili. Due Papi, due storie diverse; ma entrambi con una particolare predilezione per il borgo di Servigliano, e per le "realizzazioni" da fare in quella parte di territorio appartenente allo Stato Pontificio. Le vicende storiche si intrecciano con avvenimenti legati al territorio e con quegli interventi che hanno a cuore il bene comune. Per restare a Servigliano, l'impegno dei due Pontefici è sollecitato da richieste della popolazione a seguito di eventi naturali, e cioè la collina che inizia a franare e la necessità di abbandonare il vecchio incasato e costruire ex novo il paese in piano, in prossimità del convento dei Frati Minori Osservanti.
Leggiamo così nel volume le petizioni alla Congregazione del Buon Governo e al Pontefice perché un architetto potesse valutare la situazione e decidere come intervenire. Papa Clemente, in effetti, invia un suo delegato per studiare il caso e informarlo su quanto accade in quella parte dello Stato; l'inviato si incontra con la comunità, verifica la situazione del borgo e successivamente fa proprie le istanze cittadine prendendo in considerazione l'ipotesi di trasferire borgo e castello in un luogo più sicuro, mettendo definitivamente da parte l'altra ipotesi e cioè un intervento radicale per recuperare e restaurare territorio e città siti a monte ormai in rovina. Siamo alla fine degli anni 1760 e all'inizio del 1770 quando avvengono questi fatti e iniziano i lavori per edificare la nuova città, a circa 4 chilometri dal vecchio insediamento. Come si legge in questa pubblicazione, è Clemente XIV che firma l'atto di fondazione della città nel 1771 con un suo chirografo e ne definisce modalità e tempi di costruzione del nuovo castello e del borgo. L'impianto urbanistico che ne scaturisce è un tipico frutto della cultura illuministica settecentesca. Due porte dell'asse centrale, come segno di riconoscenza per la volontà e l'impegno profuso dai due Pontefici nella edificazione di Servigliano, vengono chiamate Clementina e Pia.
(di Fabio Zavattaro - Vaticanista del Tg1)
Disegno di Lorenzo Confortini (Bell'Italia n.29 - Febbraio 1998)
CONSULTARE ANCHE LA PAGINA DI PRESENTAZIONE DEL COMUNE DI SERVIGLIANO
Fonte Informativa:
LA RICOSTRUZIONE DI SERVIGLIANO
Lettura del Chirografo di Papa Clemente XIV
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