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Basilica di Santa Maria Piè di Chienti

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Nei documenti farfensi la basilica viene spesso denominat a S.Maria in Insula, per evidenziare le caratteristiche del territorio circostante, allora in parte paludoso e soggetto alle esondazioni del vicino fiume. Vista l’attuale ubicazione in un contesto urbanizzato, è stato impossibile riprodurre quest’ultimo aspetto, l’atmosfera del luogo è comunque pervasa dalla tipica solennità di un monastero altomedievale. Due epigrafi, poste nell’atrio ed all’intemo della facciata, ci riferiscono che la gran parte dell’attuale struttura venne edificata per volere dell’abate Agenolfo e consacrata nel 1125. Ci troviamo di fronte ad una tipica architettura cluniacense e soprattutto ad una riuscita mediazione tra lo stile lombardo e quello borgognone. La facciata, alquanto rimaneggiata oltre che semplice nel complesso, conserva sul margine destro una meridiana del XII secolo.

La parte absidale risulta essere la più interessante del paramento estemo, con le complesse absidiole che animano l’insieme e colpiscono il visitatore che si approssimi all’Annunziata dalla strada retrostante. Nel minuto campanile a vela che sovrasta la parete sud dell’abside, si trova la stessa campana che dal 1425 richiama i fedeli alle funzioni. Oltre alla data di fusione, reca impresso il più antico stemma comunale finora pervenuto. L’interno è a due piani sovrapposti con matronei, soffitto a capriate e finestrelle in alabastro. La penombra incombe su tutto, mescolandosi ad un penetrante odore di vetustà. Le tre navate con archi scanditi da lesene sono nel più puro stile lombardo, così come la parte absidale è in perfetto stile borgognone. Un tempo le pareti della chiesa dovevano essere interamente ricoperte da affreschi, ma l’alto tasso di umidità del luogo ne ha danneggiato una parte consistente. Il più antico tra tutti è conservato in un locale attualmente adibito a deposito ed ubicato alla base dell’antica torre campanaria: una Crocifissione con Maria e S.Giovanni Evangelista, eseguita dal Maestro di Offida intorno alla metà del ‘300.

Nella chiesa superiore il numero di affreschi sopravvissuti è maggiore. In un arco gotico, sulla destra della parete absidale, incontriamo un altro lavoro del Maestro di Offida: una Vergine con Bambino tra quattro Angeli musicanti da ascrivere alla seconda metà del ‘300. Il ciclo più interessante è comunque quello dell’abside, datato 1447 ma di autore ancora ignoto. Vi sono narrate le scene dell’Infanzia che culminano nel Cristo in trono racchiuso in mandorla. Dovrebbero risalire alla metà del ‘400 anche le due statue in terra cotta policroma poste ai lati dell’altare e raffiguranti l’Angelo Annunziante e la Vergine. I due corpi allungati ed eleganti, con spalle esili e teste poco voluminose, denotano nel complesso una grazia cortese di impronta tardo-gotica. Probabile siano un dono della potente famiglia camerte dei Varano, tra i più attivi protettori di questa chiesa e protagonisti in quegli anni dell’arricchimento del suo apparato decorativo.

 

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