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Museo Civico della Resistenza

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Si ringrazia Museo Civico della Resistenza per la collaborazione.

 



 

IL PERCHÉ DEL MUSEO

A quanti si sono chiesti perché a Caldarola, una piccola cittadina alle pendici degli Appenini nell'entroterra maceratese, è stato realizzato un Museo alla Resistenza, il solo per la sua "tipicità" nella Regione Marche, la risposta è presto data. Innanzitutto, sul piano della "memoria storica", ho creduto doveroso fare un omaggio all'antifascismo della battagliera Caldarola, chiamata "La Rossa" duran­te la dittatura ed al suo impegno patriottico nella Resistenza. Altro movente, forse il pià trainante, è stato la presenza della mia famiglia nelle battaglie per la "Libertà": da mio nonno Antonio Buscalferri e suo fratello Giacomo, camicie rosse di Garibaldi a Bezzecca ed a Mentana a mio padre Aldo Buscalferri, Medaglia d'Argento della Resistenza alla memoria, la cui opposizio­ne al fascismo nel ventennio gli costò carcere e confino e per finire a mio fratel­lo Antonio Buscalferri ed a me stesso, partigiani nella Brigata "Niccolo" e volontari nel gruppo di combattimento "Friuli".

Il sogno di lasciare una testimonianza di quanto sia stata dura e sofferta la strada della "Libertà" lo covavo da anni ed è diventato realtà quando, sindaco di Caldarola, ho avuto la possibilità di ristrutturare i sotterranei del Palazzo dei Cardinali Palletta - sede della Municipalità - per farne dei suggestivi contenito­ri per la esposizione delle opere pittoriche e scultoree donate dagli artisti. Dell'importante e significativa realizzazione - inaugurata il 19 maggio 1996 -ringrazio il pittore Manuel Campus di Spoleto per la sua preziosa collaborazione, il promoter art Luigi Querin di Tolentino, giovanissino partigiano a Portogruaro, a cui va il merito maggiore della ricchezza artistica del Museo ed Eustacchio Montemurro già dirigente del Servizio Beni Culturali della Regione Marche. Agli artisti italiani e stranieri, molti dei quali famosi in campo nazionale ed internazionale, oltre al grazie per la donazione di tante opere sulla Resistenza e sull'Olocausto degli Ebrei, va l'eterna riconoscenza di Caldarola orgogliosa di tenere vivi e presenti quegli ideali di libertà ai quali, oltre mezzo secolo fa, diede tutta se stessa.

Il Presidente - Fedro Buscalferri 

 

DINAMISMO DEL MUSEO

Contrariamente a quanto in modo superficiale si possa pensare, la vita di un museo è in continuo divenire anche quando gli interessi che hanno animato la sua costituzione sono fissati nel tempo, in un tempo ben preciso coordinato dagli eventi che, nel dopoguerra, sono stati interpretati dalle varie espressioni artistiche, dalla letteratura all'immagine visiva, un'immagine capace di documentare impul­si ed emozioni radicati nella storia con la loro funzione propulsiva. Proprio per questo motivo il museo di Caldarola in terra marchigiana che rac­coglie un pregevole patrimonio artistico rappresentato da firme eccellenti ma anche dagli sconosciuti autori delle memorie di un drammatico olocausto è aperto ad ospitare opere più recenti dove il senso di una umanità prostrata ma non vinta emerge filtrato dagli ulteriori accadimenti. "Le condizioni sono oggi sto­ricamente privilegiate sempre che si abbiano la forza e la libertà interna necessarie in tempi così pericolosi" aveva scritto Guttuso negli anni tormentati che prelude­vano alla seconda guerra mondiale.

I tempi sono ancora difficili da dirimere per cui chi si accinge a tradurli artisticamente si trova in condizioni precarie, incer­to sulla via da percorrere: se seguire le strade tradizionali della figurazione, se porsi nelle condizioni suggerite da un'astrazione metaforica, se ribaltare ogni concetto di semplice lettura in modo dissacrante per adeguarsi agli innesti tec­nologici e virtuali in senso spesso parossistico. Forse una soluzione si può trovare nella dinamica della cultura moderna uti­lizzando i sistemi logici del pensiero in un ruolo libero e disinibito capace di cogliere le contraddizioni di un'epoca e di tradurle in una nuova genesi delle forme che sappia parlare a ciascuno di noi con la semplicità del risultato. Ciò non significa povertà di linguaggio o superficialità di metodi e strutture, ma una sintesi estetica e soprattutto etica di sicuro coinvolgimento esistenziale che parli all'uomo senza ambiguità, per esprimere una complessa realtà quale il processo democratico che ci ha traghettato dalle tirannidi allo stato sociale.

Prescindendo dalla rappresentazione eroica che oggi può scadere nell'enfasi, i pittori che hanno recentemente contribuito all'arricchimento della raccolta del museo e dei quali più avanti scriveremo si sono attenuti a questo concetto fondamentale. Nella seconda parte del Novecento sino ai nostri giorni si tende a contrab­bandare la superata accademia sotto l'etichetta della neo-avanguardia che non ci conforta affatto e ci costringe ad allontanarci dagli effimeri prodotti degli attua­li pompiers, una categoria dell'arte che nei suoi vari aspetti non è mai scompar­sa, incautamente retorici nelle loro azioni considerate rivoluzionarie, confuse in un marasma intellettuale. Le nostre considerazioni sono finalizzate ad una plausibile storicizzazione del fenomeno di un nuovo realismo, se così vogliamo classificare le proposte attuali rispettose dell'immagine - in quanto tale - con una loro impaginazione fedele alla quotidianità del vivere civile anche dove si stemperano in riferimenti conte­stualmente rinnovati nella composizione gestuale e cromatica, per far da trami­te alla comprensione.

Le referenze alla realtà sono molteplici seguendo una scala di valori piuttosto movimentata e sottintendono all'osservazione da parte dell'artista di un ambien­te e di un argomento come modello aperto. In generale, può sembrare sconcer­tante l'inserimento di motivi apparentemente diversi dal tema principale che la collezione museale testimonia e perciò non strettamente documentazione e denuncia politica come la storia imporrebbe. La situazione è mutata e le nuove acquisizioni si propongono come ulteriore momento di riflessione super partes e particolarmente di una meditazione profonda su ciò che caratterizza la condizio­ne attuale della vita nel segno della democrazia. Nel secolo appena trascorso la corrente realista molto rappresentata nell'ico­nografia del museo di Caldarola trovò momenti esemplari in quei movimenti che si sono richiamati con forza alla realtà rivoluzionaria transeunte, il passaggio tra le atrocità della guerra e la necessità di ridare speranza ad un popolo strema­to dagli anni duri delle armi e dalle contraddizioni del sistema.

Tuttavia l'intera raccolta non ha nulla di convenzionale ed è dichiaratamente polemica con un passato pesante e sottilmente violento: l'apparenza bonaria e la verità della tragedia. Le opere che la compongono sono condizionate dalla esasperante situazione contemporanea e dalle molte delusioni che le classi dirigen­ti di un'epoca ancora a noi vicina - sono passati soltanto alcuni decenni - hanno provocato gettando l'Europa in un conflitto che ha lasciato troppe ferite. E' nella loro costituzione non solo formale una evidente violenza polemica e quando si esprimono in termini di realismo sono implacabili. La pietas verrà in seguito e troverà un'altra voce per testimoniare l'angoscia dell'era atomica e post-atomica, un'angoscia che è ancora in noi e cerca di aprirsi un varco nelle abitudini attua­li impostate dal mercato internazionale e dalla scomparsa di valori come la fratellanza, la fede, l'altruismo.

L'esperienza comune non sta però insegnando molto anzi sembra offrire una copiosa morfologia quotidiana propria delle contraddizioni che vivono all'inter­no dell'uomo - è forse l'anima? - e della coabitazione di atteggiamenti spesso antitetici. Nel nostro edonistico e faustiano presente si rinvengono infatti aspet­ti fenomenologici e psicologici contrastanti dove gli elementi di positività si confondono e si disperdono nella pratica compulsava dell'affermazione sociale. Intorno all'incombente cupio dissolvi che distrugge le caratteristiche positive della nostra giornata terrena sarebbe opportuna un'ampia indagine utile a darne spiegazione, un primo passo per la liberazione dai sentimenti negativi. Perché abbiamo fatto questa digressione? Non certamente per spingerci alla rinuncia di ulteriori progressi scientifici ed artistici. Serve a spiegare il motivo per cui osservando le ultime opere inserite nel contesto del museo di Caldarola si intravede una comune intimità iconica, una colta intrusione nella natura come motivo qualificante della nostra vita, un orientamento non banale verso il rinnovamento etico dell'uomo e non certo un generico accademismo lirico od un dilettantismo concettuale.

Significativa la scelta dei nuovi autori in parte consapevoli protagonisti del­l'epopea resistenziale, in parte interpreti di una storia non direttamente vissuta ma appresa per molte vie: dalla società, dalla scuola, dalla famiglia. E' la presen­za di accadimenti che ci vivono dentro per presa diretta o per memoria geneti­ca. L'orientamento di gusto netto e geniale, che può anche servirsi di un empi­rismo metodologico e di una perfettibilità estetica, rimane come risposta ad una ricerca complessa ed articolata fra opposte sollecitazioni, non frutto di semplici intuizioni liriche o di suggestioni crepuscolari. La disperata e felice tensione della creatività quando si affrontano argomenti in cui personaggi ed ambienti sono testimonianze di una rivoluzione sociale e prevalentemente ideologica, deve essere considerata il dato più positivo, quello che ci permetterà di penetrare nella complessità del mondo creativo di ogni autore.

La capacità di adesione ai moti storici ed alle influenze umanistiche, quindi non superficiale prova d'artista, ha reso possibile la qualificazione critica dei dipinti che ampliano l'esemplare rassegna formatasi durante l'ultimo decennio per volontà degli amministratori, mossi da oculata intuizione, nel borgo marchi­giano dominato dal castello e vario di altre importanti proposte architettoniche ed artistiche. Il museo civico di Caldarola ha subito le conseguenze del terremoto che, a fine anni '90, ha sconvolto Marche ed Umbria danneggiando pesantemente il patrimonio artistico di queste regioni, come la cronaca del periodo ci ha infor­mato ed il lodevole lavoro di recupero connotato. Gli ambienti del palazzo dove ha sede l'istituzione museale sono stati a lungo inagibili per i guasti subiti dal sisma costringendola all'inattività. I beni ivi conservati ne hanno risentito in vari modi anche con alcune - molto limitate - dispersioni di opere ed il conseguen­te accantonamento del patrimonio artistico in siti di deposito, nell'attesa di tempi migliori ossia del completo ripristino delle antiche sale affrescate dell'edi­ficio storico situato nel cuore della cittadina e, per quanto ci riguarda diretta­mente, degli spazi sotterranei di grande suggestione e di armoniosa composizio­ne destinati all'uso espositivo.

L'attuale aggiornamento del catalogo che illustra i contenuti del museo, già uscito con un primo volume dove motivazioni e finalità dell'iniziativa sono ampiamente descritti, serve ad accompagnare l'arricchimento del corpus patrimoniale quale segno di buona volontà e di comprensione per il valore ideale della raccolta marchigiana che si è aperta a livelli internazionali sin dal momen­to della sua costituzione. Nel secondo volume del catalogo al nostro rapido saggio si aggiungono le illustrazioni dei dipinti di ultima acquisizione con le rispettive schede bio-biblio-grafìche sugli autori ed una nota di delucidazione sulla prima fase dell'attività museale corredata dall'intera rappresentazione della raccolta in immagini mini­mali. Nella nota si comprende l'assestamento di disguidi verifìcatisi nella prece­dente compilazione come emerge dal contenuto dell'opera editoriale. I pittori che hanno aggiunto i loro elaborati alla raccolta sono Franco Bellardi, Franco Ferrari, Luciano Filippi, Fausto Minestrini e Milvio Sodi por­tando ad oltre centocinquanta le opere presenti in catalogo.

Sono autori di varia provenienza già noti nell'ambito della pittura moderna italiana con un'attività ricca ed articolata che contribuisce ad avvalorarne l'im­portanza. Ciascuno di loro ha un proprio modo di esprimere il concetto morale di un dopoguerra che ha sconvolto l'intera società italiana ridefinendone le basi costi­tuzionali ed i valori storici. Le opere sono state prevalentemente realizzate nel 2003, ad eccezione del dipinto del fiorentino Milvio Sodi datato 1991, ponen­dosi come riflessione avanzata su eventi che il tempo ha decantato nella loro essenzialità e cogliendo degli anni trascorsi l'evoluzione sostanziale alla cui base sono gli atti in positivo ed in negativo di una umanità ribaltata da opposti ver­santi sulla scena contemporanea nazionale.

Di Franco Bellardi, emiliano d'origine, vissuto per molti anni a Roma ed infi­ne nel silenzio attivo di un colle fra Lazio ed Umbria, è il dipinto "La resistenza dell'uomo contro l'uomo, per l'uomo" che ha filtrato le sue passioni politiche degli anni '60 e '70 con l'esperienza conseguita suggerendo nuovi simulacri refe­renziali e didascaliche proposte sul tema da lui a lungo trattato con il suo impe­to caratteriale. Dalla Romagna, terra di forti sentimenti, il riminese Luciano Filippi ha collaborato all'ampliamento del panorama artistico museale con l'ope­ra "Verso sera" dove il pittore ha voluto coniugare le sensazioni di un paesaggio solitario ed affascinante al raccoglimento interiore che tale ambiente predispone, invitando a riflettere sulla necessità della non violenza.

Franco Ferrari, pittore romano che ha raggiunto la consapevolezza del rinnovamento esistenziale verificatosi nel dopoguerra con le progressive conquiste sociali, autore del quadro "Pietas (alla memoria)" ha dimostrato con grande vigore creativo di aver saputo cogliere dal tempo che lo ha preceduto la capacità emblematica della memoria, per un giusto insegnamento. Con altra soluzione estetica l'artista perugino Fausto Minestrini, il più giovane fra i recenti donatori, ha spostato il discorso sulla condizione storica che si è andata rafforzando dopo l'avvento della demo­crazia e nel suo dipinto ("Finalmente luce") ha inserito in un coinvolgente tessuto materico i simboli del rinnovamento popolare con equilibrata misura.

Infìne,da Firenze, il toscano Milvio Sodi, anch'egli appartenente come quasi tutti gli autori del nuovo ciclo di acquisizioni alla generazione di coloro che si sono inseriti nella società dopo la guerra affrontando l'epoca della rinascita con il rigore della gioventù, ha documentato la sua condizione umana con "La luce e le tenebre" ricostruendo con magistrale capacità il dramma di un popolo sof­focato dalle violenze materiali e morali che ogni conflitto comporta segnando il nostro destino. Come dimostrano i dipinti entrati a far parte nel 2004 del patrimonio musea­le di Caldarola, una consapevole presa di coscienza ha guidato la mente e la mano dei pittori di cui abbiamo tracciato in modo succinto la cifra dell'impe­gno culturale e comunitario. L'equivalente figurativo di concetti che insistono sulla formazione attuale del­l'uomo e sui maggior problemi che ne derivano, dalle contraddizioni di un tra­vagliato mondo al presentimento di altri pericoli conflittuali, all'alienazione scaturita dai fantasmi della guerra, non può prescindere da una visione sufficientemente realistica del soggetto.

I nostri autori lo dimostrano così come sanno dimostrare che la loro scelta confessionale avviene sul piano della conoscenza. In un certo senso si sono trovati nella condizione giusta di dipingere gli stati d'ani­mo che ideali ed ideologie hanno provocato per le mutate e maturate situazioni oggettive in cui si sono trovati ad operare attivamente. Quasi quarantanni fa Ernesto Treccani, pittore e scrittore di grande prestigio intellettuale, aveva affermato che per un artista vissuto negli anni prima e dopo la guerra "con occhio mente e cuore aperti alle trasformazioni in atto nel mondo' esisteva "una piattaforma nuova su cui lavorare, in modo drammatico e fiducioso ad un tempo'. Secondo l'autore, sono emozioni e provocazioni da trattare con l'identica intenzione morale senza che la scelta del realismo si trasformi in un precetto ma sia una condizione importante ed un punto di riferimento consape­vole.

Noi aggiungiamo che il termine "realismo" non è soltanto aderenza ai dati della realtà. E' anche e soprattutto un discorso dove premono emozioni e bru­ciano avventure della vita e del pensiero. Può perciò sconfinare ben oltre la soglia della pura descrizione e sconvolgere il concetto di adesione all'integralismo figu­rativo, diventando altro da sé. Il contenuto del museo civico di Caldarola è una dimostrazione evidente del nostro assunto ed è per questo che può (e deve) offrirsi come collezione esemplare di quanto è accaduto nella seconda metà del '900 in un'area operativa che non voleva scardinare cognizioni del passato ma riflettere sulla loro rilevanza con intelligenza interpretativa assentendo o dissen­tendo secondo le personali caratteristiche ed illustrando un interessante capito­lo dell'arte con la consapevolezza delle memorie.

Franca Calzavacca

Fonte informativa a cura del Comune di Caldarola "L'Arte nella Resistenza - Volume Secondo"  finito di stampare nel febbraio 2006

 

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