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Prova Comune S Marcello

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Si ringrazia Paolo Marini per la collaborazione fotografica.

 





L’ORIGINE DEL’INSEDIAMENTO DI POGGIO SAN MARCELLO  

Il territorio amministrato nel Seicento dalla Comunità di Poggio San Marcello coincide grosso modo con quello dell’attuale Comune, che è esteso per 13,01 kmq nella fascia mediana collinare. Si distende longitudinalmente dietro la stretta fascia pianeggiante di natura alluvionale lungo la linea di costa del Mar Adriatico a est e la catena montuosa degli Appennini a ovest. È costituito prevalentemente da rilievi di media altezza formati da argille, marne azzurre e talvolta formazioni sabbiose, con un’altitudine compresa tra i 460m s.l.m. in località S. Maria del Monte e i 200 m s.l.m. in località S. Angelo. Fertile e intensamente coltivata fin dall’antichità, la campagna produce attualmente il rinomato vino “Verdicchio dei Castelli di Jesi”, frumento, olio d’oliva e formaggi. Negli ultimi trent’anni parte del territorio è stato abbandonato e il bosco o i pascoli hanno preso il posto dei poderi mezzadrili. Il castello sorge in cima ad una collina a 387 m sul livello del mare. È lungo circa 150 m e largo poco più di 100, di forma ovale è ancora circondato dalle antiche mura, sulle quali sorgono le case costruite nel corso dell’età moderna.

Il villaggio venne fondato dai monaci benedettini dell’abazia di Sant’Elena nel Medioevo, su una collinetta a duecento metri dall’attuale castello. La “ecclesia Sancti Marcelli Podii, ricordata per la prima volta in un documento del 1290, fu la prima chiesa parrocchiale di Poggio, intorno ad essa nel Medioevo sorse il primo insediamento. Tra il 1199 ed il 1207 il vescovo di Jesi acquistò dai rappresentanti del Papa Innocenzo III alcuni fondi monastici per farne un “feudo vescovile”. Tra gli altri comprò anche Poggio San Marcello e vi pose come suo vassallo per amministrarlo un certo “dominus Ageriundus”, forse parente dello stesso vescovo. Ageriundo si stabilì a Poggio e fortificò la sua sede, tanto da rendere giustificato il nome di Poggio o Podium che significa appunto “altura fortificata”. Tanto è vero che il comune di Jesi si lamentò del comportamento di alcuni ex-feudi di Sant’Elena, tra cui il nostro paese, che passati ai vescovi si stavano trasformando in fortilizi. Già nella seconda metà del XII secolo ebbe inizio la rivalità tra il Vescovo e il comune di Jesi per il controllo del territorio circostante. Una rivalità che continuò per tutto il secolo successivo e si concluse solo quando il vescovo Leonardo, per porre fine alle continue pressioni e minacce degli abitanti di Jesi e, temendo rivolte da parte dei residenti di Poggio, dopo aver chiesto il permesso al Papa Bonifacio VIII, nel 1301 vendette per 3000 lire ravennate il feudo di Poggio al comune di Jesi.

 

La città di Jesi e del suo contado”, tela del XVII secolo attribuita ad Antonio Sarpi (Biblioteca Comunale Planettiana di Jesi). La tela riproduce, con una prospettiva da sud verso nord, la città di Jesi, per la quale il pittore aveva eseguito la tela,e i castelli del suo contado, posti tutt’intorno in cima ai colli. (Foto di C. Bellini)

 
Dopo il 1300, quando il feudo era ormai passato sotto la giurisdizione di Jesi, il castello venne ricostruito più in basso, dove sorge tutt’ora. All’interno del nuovo castello nella prima metà del Trecento sorse la cappella della confraternita di S. Nicolò. Tra il 1452 e il 1455, quando i territori vicini al mare Adriatico erano minacciati dalle incursioni dei Turchi, Poggio viene ricordato nei documenti come un castellare non difendibile, perché aperto, non circondato dalle mura. Sotto il Pontificato di Callisto III fu rialzata la rampa di accesso alla porta del paese, Porta San Nicolò, che rimase fino alla metà del XVII secolo l’unica via d’accesso al castello. Verso la fine del XV sec. fu costruita la chiesa di S. Nicolò, che divenne la chiesa parrocchiale di Poggio, sostituendo definitivamente l’antica chiesetta di S. Marcello. L’inizio dell’età moderna si aprì con un evento sconvolgente per l’intera Vallesina: il terremoto. Il 6 Settembre 1502 durante …fortiter terra tremuit…” squassando, come ci ricordano le fonti, molte case e edifici della nostra provincia. Numerose altre scosse si verificarono anche nei mesi seguenti, aggravando il bilancio dei danni. Il terremoto danneggiò pesantemente anche il nostro borgo, tanto che da questo momento si cominciò a pensare alla ricostruzione del paese e alla realizzazione della cinta muraria.

Sicuramente non furono i soli abitanti di Poggio a poter concepire un progetto tanto ambizioso. Non è improbabile che l’opera l’abbia pensata e voluta l’allora papa Alessandro VI. Furono mobilitate delle maestranze lombarde, guidate da mastro Guido di Giovanni da Bellinzona” e dal fratello Domenico di Giovanni”, che già operavano a Jesi. La cinta muraria racchiuse all’interno di un circolo ovale le abitazioni. Le mura possenti, su cui col tempo si sono innestate le abitazioni, sono rafforzate da sei bastioni di forma differente. L’unica porta d’ingresso, Porta S. Nicolò, si trovava ad est, sopraelevata, con la rampa d’accesso costruita nel secolo precedente e munita di un alto torrione di forma quadrangolare. All’interno delle mura il borgo mantenne il suo carattere medievale, con una strada principale, oggi corso Tarcisio Tassi, che attraversa in modo longitudinale il paese da est ad ovest e due stradine parallele, una per parte. Le tre vie longitudinali sono incrociate trasversalmente da vicoli ancora più stretti, che collegano le parti meridionali e settentrionali delle mura.

 

 Mappa del Castello, particolare tratto dalla mappa catastale sinistra del 1769 (Archivio Storico Comunale di Poggio San Marcello, Stanza del Sindaco). L’impianto del Castello è praticamente identico a quello del Seicento. Si notano dietro le mura settentrionali il ponte che saltava il fosso della Cupa, da cui la Comunità prelevava l’acqua per la fontana pubblica, e, dalla parte opposta presso le mura sud-orientali, lo Spiazzo dove si trovavano le casette e gli orti del borgo, che si andava formando intorno al castello già a partire dal XVII secolo. (Foto di C. Bellini)

Fonte Informativa:



CASTELLO E CINTA MURARIA

Le antiche Mura di Poggio S.Marcello

Oggi la cinta muraria di Poggio S.Marcello divide dai borghi la parte del Centro Storico racchiusa entro il Castello. Poggio San Marcello nel cupo triennio 1452-1455, durante il quale avvennero scorribande turche, fu annoverata come una tra le Borgate non difendibile in caso di assedio, perché Castello aperto. Dopo il terremoto del 1502-1503 Poggio San Marcello realizza le sue mura castellane e la sua popolazione si sposta gradualmente dal Poggio, dentro le mura castellane.

Porta e Podjum

In fondo al paese, precisamente nella parete esterna della Torre dell'orologio, sotto il quadrante di Levante, troviamo una piccola lapide in cotto nella quale viene riportata traccia dell'edificazione della porta del castello sotto il pontificato di Callisto III (1455). Allora furono apportati accorgimenti per rendere arduo l'ingresso al castello, fu costruita una porta guardata militarmente per entrare ed uscire dall'abitato posto sul cucuzzolo del Podjum ( una ripida rampa di accesso alla porta ), così da rendere possibile il controllo della gente all'ingresso. Il Podjum fu costruito dal Vescovo Feudatario di Jesi, Grimoaldo, fra il 1199 ed il 1207, e fu ristrutturato con la costruzione della porta.

Cripta

A destra della porta d'ingresso del Borgo, sorge il vecchio Oratorio del 1450 ( La Cripta) , che inizialmente rivestiva il ruolo provvisorio di chiesa parrocchiale prima della costruzione della Chiesa di San Nicolò.

Torretta Civica ed Orologio


Sempre in fondo al paese, vicino alla porta troviamo la torretta civica con l'orologio pubblico costruito da Pietro Mei di Montecarotto nel 1848 e autenticato come sua opera numero 20, sulla rotella dentata di bronzo. Ancora oggi tale orologio funziona battendo tutti i quarti e le ore.

Porta del Paese


Sotto il pontificato di Papa Innocenzo X (1646), Poggio ottenne il permesso di aprire la seconda Porta del Paese, Forando ad arco le Mura Castellane in fondo al polo opposto della pianta ovale della cinta, proprio sotto il camminamento turrito da cui le sentinelle sorvegliavano la piazza che da sulla strada strada principale. Il fatto è di enorme importanza poiché ciò ammette la fine delle incursioni militari. La porta è sovrastata dallo stemma del Comune che è uguale a quello di Jesi, dalla cui signoria cominciò a dipendere all'inizio del XIV secolo. Anche il Campanile con la cuspide a pera, secondo l'inventiva di frate Conforto, dovrebbe risalire alla giusta metà del XVII secolo.

Mura del Paese

Del Castello Medioevale degli inizi del 1500 resta la notevole cinta muraria che si presenta quasi senza soluzione di continuità ed abbraccia le abitazioni assiepate all'interno, entro un circuito di forma ovale di 150 m x 100 m, con i poli rappresentati dalle due porte. Sei bastioni di forma diversa rafforzano il sistema difensivo. Il bastione fiancheggiante la porta occidentale è a pianta pentagonale con sporto beccatelli sopraelevati; l'altro vicino alla porta opposta è di forma quadrangolare, scarpato ed elevato con edicola al centro e sovrastante una cornice di mensole; il successivo verso nord è esagonale irregolare, massiccio e severo, senza beccatelli; segue poi un torrione sopraelevato e infine un piccolo torrione pentagonale mozzato. La porta d'ingresso ad ampio raggio è sovrastata da beccatelli, quella dal lato opposto è inscritta in un arco sostenuto da pilastri. I bastioni sono stati ricostruiti da Domenico di Giovanni da Bellinzona nel 1503.

Corso Tarcisio Tassi e Via Corriola

Il tessuto edilizio interno è attraversato da una stretta via longitudinale che va da porta a porta ed è denominata Corso Tarcisio Tassi fiancheggiante le due stradine quasi, parallele altrettanto strette (la via verso il versante est è denominata Corriola, in ricordo agli arbusti arrampicanti, dai frequenti fiori bianchi a forma di campanella). Vicoli trasversali ancora più stretti assicurano la comunicazione alle abitazioni, sicché anche all'interno della cinta muraria, il Castello conserva qualche nota dell'aspetto medievale, costituendo un'interessante immagine non troppo alterata del tempo, del tipico Castello Medievale della Vallesina. 

Ulteriori Informazioni sul Castello di Poggio S Marcello, nella pagina Castelli....


STORIA RECENTE E TERRITORIO 

Qualcuno, ancora ai nostri giorni scrive in unica parola: Poggiosammarcello (ed anche con n-m, Poggiosanmarcello) ; altri usa scrivere San interpuntando la S., così: Poggio S. Marcelle; ma la sostanza di identificazione filo­logica, fonetica ed anagrafica non muta, né alcuno si compiacerà di contesta­re o leticare per questo. Il breve falsopiano stradale che dal cimitero di Castelplanio o all'immis­sione della stradetta dell'Abbazia dei Frondigliosi nella provinciale, denomi­nata costantemente «Strada Gioncare» per tutto il tratto che dipartendosi dal­la «nazionale Clementina» attraversa l'area del Comune di Castelplanio e l'a­rea del Comune di Poggio San Marcelle, fino a che perviene nel paese di Montecarotto, quel falsopiano - dicevamo - da a molti l'impressione che il centro abitato di Poggio sia esso stesso pianeggiante, il che rende più na­turale una sosta a chi vi giunga di passaggio e più gradevole l'accoglienza del piazzale in cui si notano il monumento ai Caduti delle ultime guerre, la Far­macia, l'accesso al palazzo del Medico Condotto, l'edificio delle scuole, un negozio, un bartrattoria ed una fontana inaugurata alla fine dell'Ottocento. Un viale fiancheggiato da tigli e le panchine da se­dersi durante o dopo le ore del passeggio, completano l'incontro col paese, prima ancora di entrare dentro le mura castellane dalla - così detta - Porta della Madonna del Soccorso, il cui arco, a destra della torre campanaria del Santuario, s'affaccia, appunto, su Piazza Leopardi.

 

Veduta da sud del Castello di Poggio San Marcello in una rara foto del 1869. Il Castello di Poggio nel Seicento non doveva essere molto diverso da come appare in questa foto. Le mura sonoassalite dalla vegetazione e in precario stato, una situazione molto simile a quella descritta più volte nei libri dei consigli del Seicento. A sinistra fuori delle mura si nota una casa colonica e il relativo podere con il campo arato e arborato tipici del sistema mezzadrile ormai pienamente affermato nell’Ottocento. Nel XVII secolo vicino alle mura del castello c’erano invece le terre della Comunità, dette Cozze, terreni occupati dalla boscaglia, dove, nonostante i divieti, pascolava il bestiame degli abitanti del Castello. (Foto concessa da C. Bellini)



Fino alla metà del secolo XVII questa porta non esisteva, e non vi tor­reggiava, a destra, la mole - pure secentesca - del Palazzo detto «Priorale», o «del Priore» della Confraternita del Gonfalone, annessa  almeno dal 1607 - al collaterale Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso; palaz­zo poi detto «delle Suore» che vi tennero asilo infantile e Scuola Femminile di lavoro per una diecina di lustri. La circonvallazione che circonda le Mura Castellane del centro abitato, si è, essa stessa, ravvivata di costruzioni domestiche a gruppetti, isolate, o a borgo periferico che arricchisce il pomerio paesano di qualche animazione giornaliera - in ore di lavoro - e, più stagionale, nelle estati infoltite da presenze turistiche, specialmente di «familiari» e d'«oriundi». Dal colle, in stagioni luminose, cioè dalla primavera dolcissima all'au­tunno inoltrato, si vede il mare Adriatico in più punti della sua costa e a chi ne avverta l'emozione ai primi incantamenti, gliene resta un ricordo inobliabile. Oggigiorno, nessuno più si meraviglia che le coste del mare Adriatico siano diventate tra le più fruite e le meglio attrezzate per turismo, in Europa; ma da quel palpito di salute, di economia, di turismo, un altro ne sta sorgen­do, d'interesse culturale, storico ed artistico, dal quale occorre essere rag­giunti dai medi e piccoli luoghi dell'entro terra (anche) marchigiano, consci di non deludere né di mandar
delusi. L'attuale Comune di Poggio San Marcelle è esteso per 13,01 Km, a 387 metri sul livello del mare.

Il Castello è lungo circa centocinquanta metri e largo poco più di cento, di forma ovale e ancora cerchiato dalle antiche mura, che però non hanno più il ballatoio, poiché sopra di esse sorgono le fabbricazioni (domestiche) costruite dopo il medioevo. Per le due porte ora s'accede liberamente entro il minuscolo abitato. «Il suo territorio è fertile e produce in abbondanza vino, olio, cereali e formaggio, ed attivissima è l'industria del bestiame». Nel 1902 la popolazione del Comune ammontava a 1509 abitanti, dei quali 299 dimoravano nel centro paesano; dista da Montecarotto Km. 7,150, e da Ancona Km. 46,400; da Moje dista 11 Km.; ma, in linea d'aria, il fiume Esino corre a 2 Km. sotto, 3 Km. dalla prospiciente Majolati-Spontini, e, sempre in linea d'aria Cupramontana è a sud-est, distante 5 Km. La stazione ferroviaria più vicina è quella di Castelplanio, cui si giunge con un nastro stradale lungo 6 Km. In atti cenati nel 1929, il centro contava 323 abitanti ed i parrocchiani erano complessivamente 1695; nei dati a noi forniti dal Comune nell'autunno del 1954 gli abitanti anagrafati erano 1908 e la parrocchia aveva superato il numero di 2000 anime. Ai nostri giorni (1982) gli abitanti del Comune e della Arcipretura si equivalgono oscillando tra i 750 e gli 800 soggetti residenti, in quanto il fe­nomeno dello spopolamento dei paesi collinari, come Poggio, Castelplanio, Montecarotto e l'abbandono dei poderi rurali o delle case coloniche a van­taggio di aree fabbricabili valorizzate lungo tutto il fondo valle da Angeli di Rosora a Borgo Loreto, Moje - per limitarci alla parte del versante nord-est della strada e del fiume - costituisce una evoluzione irreversibile dell'agri­coltura in generale e del costume di vita raggiunto dalla meccanizzazione an­che negli angoli più riposti della condotta familiare e privata.

Talché, ad esempio, a fianco della «strada Cioncare» che va dalla Piazza Leopardi di Poggio, al Cimitero ed alla Fornace, si è riattivata una borgata modernissima di villini, case, posti di ritrovo che sconvolgono la fisionomia borghigiana di un tempo e richiamano il capitale accumulato da contadini o ex-coloni negli anni del secondo dopoguerra, agli occhi di tutti all'aperto in pieno sole; e non è detto che in quelle ville risiedano e vivano i nuovi padroni o loro familiari: alcuni sono edifici che servono nella bella'stagione a farvi villeggiatura, mentre, durante il resto dell'anno, i titolari possono lavorare e ri­siedere altrove, magari a lesi, in Ancona o a Roma. Così un po' da per tutto l'entro terra marchigiano. Restano - pertanto - le strutture storiche di celebri stazioni paesane in progressivo declino e, per qualche caso, in agonia, che sarà lunga, forse secolare, d'accordo, ma che alle stazioni montane e collinari non da più via di scampo se non nel prospettato limite stagionale, finché duri l'aria pura e qualche polla di acqua sorgiva, magari dentro una macchia d'alberi non sca­pitozzati. Già suona quasi patetico nominare Arcevia, Ostra, Sassoferrato, Matelica, Apiro, Osimo, Cingoli e minori paesi che pur essendo ancora esi­stenti non hanno più il peso del loro grande passato storico; ma altri centri, come Urbisaglia, Senigallia, Tolentino, Spoleto hanno fatto ricorso a moder­ni incentivi d'attenzione e d'attrazione per serbare e tramandare - se non in­tatto e conforme, almeno percebibile - il loro grande peso storico o ruolo culturale: nel che, Fabriano insegna.

Avvicinandoci un po' di più ai casi del nostro Poggio, ci avvediamo su­bito, entrando da Porta Madonna del Soccorso e sostando un attimo nella omonima piazzetta di rimpetto al Corso Tarcisio Tassi, con a sinistra l'in­gresso al Santuario Mariano e l'imboccatura alla stradetta quasi parallela al «corso», detta già «Via Pozzi e Forni Vecchi», che la piazzetta ha assunto una specie di ufficialità civile; vi sono affisse alcune lapidi patriottiche, vi è lo «spaccio Carnevali», l'ingresso alla sede della Cassa di Risparmio, la ex­ sede delle Suore - che un tempo era vivace di bambini d'asilo e di ragazze che vi convenivano per la Scuola di lavoro -, vi è il negozio - magazzino delle sementi, concimi chimici e sussidi vari per i contadini, nonché, di recente, l'ingresso a vetrina di un salone per parrucchiera. II paese conserva nel nome quella sua ultima indicazione monastico - medioevale di «San Marcello» al «Poggio», per distinguerlo dall'altra collinetta di «San Marcello» all'attuale «Campo Sportivo» e, più da un altro grosso cen­tro paesano, della stessa Diocesi e Circoscrizione lesina, denominato sempli­cemente «San Marcello» d'analoga e coeva costituzione monastico - castellana; ma ci avvedremo nei prossimi capitoli che la località di primo e secondo soggiorno ha conservato le prove di un più antico tracciato di stazioni umane, e che, a grandi tratti cronologici, la «grande» Storia vi ha fatto quasi tutte le sue soste notevoli, comprovandole con documenti - anche se minuscoli - d'inoppugnabile valore e di sicura collocazione cronologica: dal passaggio di reperti preistorici della civiltà «penninica delle Grotte di Frasassi», alla tomba di un guerriero d'età «umbro-picena»; dai numerosi reperti d'età romana alle «tessere paleocristiane» del IV secolo e d'età bizantina (VII-VIII sec.); dalle terraglie e scritture ultimo - medievali, alle solerzie amministrative delle Si­gnorie Rinascimentali e della Santa Sede, fino alle partecipazioni coscienti al Risorgimento Italico ed alle più recenti vicende patriottiche.



Poggio San Marcella: collinetta di San Marcella con la vecchia chiesetta romanica e la casa co­lonica del benificio parrocchiale; in primo piano vi è l'inizio del prato, al centro del quale fu scoperta la tomba dell'Uomo Piceno, con «corredo»


Già da certi nomi, come «via delle Casacce», «via Pozzi e Forni Vecchi», «piazzetta del Sagro Monte (di Pietà)», «via Coriola», «Porta San Nicolo», eccetera, si può capire che il paese conserva reminiscenze arcaiche, certamente anteriori alla cinta muraria ovale, ad una sola porta d'ingresso, risalente al 1503. Nel recente passato (1954), se, lasciato il paese dal cancello della villa dell'ex sindaco-podestà Raimondo Buciaferri da una parte, e, dall'altra le case Bramati Giovanni e Bramati Luigi il «priore», avessimo proseguito a sa­lire la «strada Cioncare», quasi di fronte al Molino Ceccacci avremmo tro­vato la stradella per Sant'Antonio, e, sempre da quel lato settentrionale avremmo potuto imboccare «la Cupa», stradello antico collaterale alla collinetta di San Marcello con la casa colonica e l'antica chiesetta del Beneficio Parrocchiale, oggi sovrapposte strutture al «Campo Sportivo». Ora è tutto rinnovato ed ultramoderno, come abbiamo detto, con la co­struzione del nuovo acquedotto, la grande strada per Castelplanio e una ventina di villette. Dopo le case coloniche Fabbri e (più giù) Tiranti e Bittoni, più da presso la strada c'era la casa Gabrielli, alquanto discosta dallo stradello per arrivare alla casa Sandroni; proseguendo lungo la provinciale delle «Cioncare», nei pressi del cimitero, trovavasi prima a sinistra il caseggiato Innocenzi e Regnicoli, a destra la solida struttura della casa di Alvaro Consoli. Oltrepassato il cimitero, a sinistra c'era lo stradello per casa Sabbatini e la «strada Fornaci Vecchie» (che va a sboccare di fianco al cimitero di Castelplanio) mentre, a destra, c'era la quattrocentesca casa Barbarossa (che è stata fotografata prima del restauro soggettivo); nel proseguire, ancora a si­nistra della «Strada Cioncare» c'erano le due case Bernardini - Filorio, e una casetta vecchia disabitata, prima d'arrivar a casa Lorenzetti; più avanti, quasi all'angolo di «per contrada Valle o per il Fonte della Valle» c'era la casa Fan­ti, e, a destra, un po' prima la casa Costantini, ben oltre la quale c'è il sen­tiero per raggiungere la casa Mimmotti nella plaga detta «Zaffaranara».

All'angolo viario che precede la fornace, c'erano le case Bucci, la casa Zucchi, e di qua la casa Martizi. Ma di quel passo, lasciata a sinistra la strada morta denominata «Frondigliosi bassa», e, di lato alla soppressa Fornace, im­boccato l'altro braccio di «Frondigliosi alta» che porta nei celebri paraggi di «Santa Maria del Monte», per colà estinguersi, si rientra in via Cioncare; si nota il mazzetto della residenza Libanori a sinistra e la ex-Scuola elementare, per poi raggiungere la villa padronale Alessandrelli; togliendosi dall'incrocio per Rosora, si prosegue per la via della fonte e per Santa Mustiola: di là si giunge a Montecarotto. I due rilievi, però che dobbiamo fare son che il vocabolo «Frondigliosi» è usato almeno da sette od otto secoli per quell'avvallamento un tempo selvoso che dall'Abbazia di Castelplanio sale ad ovest verso appunto la cresta collinare delle due «Frondigliosi alta e bassa» di Poggio San Marcello; l'altro rilievo è che solamente nel percorso di questo tratto di «strada Cioncare» s'è prolungata e riaffermata una vitalità etnografica di grande sollievo; perché se noi dovessimo dipartirci da questo prolungamento paesano di Poggio e
do­vessimo addentrarci in contrada «Bacucco», o anche discostarci dalla via provinciale per raggiungere la «Fonte del Coppo», oppure, se dovessimo an­dare in cerca di «tassi barbassi» o fossimo presi dalla brama di dar la caccia ad un «tasso roditore», là dove si estende la «Tessenara» (= Tassanaria) - già detta Tassanara - non incontreremmo più sicuri elementi d'identifica­zione toponomastica, tanto son mutate le condutture agricole persino nell'ac­quitrinoso «Trabocco»  sebbene l'uomo e la sua residenza sembrino svanite nella «non presenza». L'unica porta d'ingresso al Castello, quella di «S. Nicolo», guardava la strada ripida per le «Coste», per le «Coste del Molino (vecchio)» e per la «Balciana», apprezzando assai più la provenienza da quella parte, che non la provenienza di persone e comitive dalla «strada Gioncare», che, senza piazza di sfogo (all'attuale piazza Leopardi, dell'ultimo Ottocento) era soltanto tan­genziale al Castello ed obbligava le persone a battere il piano di circonval­lazione per la porta che funzionò dal 1503 al 1650, circa, prima d'essere for­nita d'una seconda porta all'opposto nucleo della costruzione ovoidale.

Per un raduno all'«Oratorio dei Confratelli» all'interno della Porta di S. Nicolo, o all'esterno verso l'ospedale di S. Croce, e che qual­cuno venisse dal Beneficio di Sant'Antonio, o dalla casa d'Attilio Petronelli (alla «Romita») o anche dalle case dei Venanzi presso il fosso che divide le regioni di Poggio San Marcello da quelle di Montecarotto - con quella ri­pida accorciatoja cara ai «coloni» -, era pur sempre un modo di vivere, d'andare in paese, di star legati alla Parrocchia ed alle sue Confraternite, di sapere quanto accadesse nel Comune o fuori, - nella Provincia, nello Stato - contentandosi per secoli e secoli degli incontri festivi, alle Messe, ai Ra­duni delle Congreghe, d'essere segnati nelle liste dei «festaroli» e di scialare in occasione di qualche matrimonio o di qualche battesimo. Di questa umile e quasi oscura successione di vicende locali è bene ren­dersi conto analiticamente su registrazioni del Quattro e del Cinquecento - e, più facilmente in seguito - perché anche dal modesto contributo d'un lume particolare, possa apparire e risplendere sempre meglio, la civiltà uma­na e cristiana di questa gente marchigiana, che, in questa estimazione, appar­tiene alle virtù della patria comune, che è, e rimane l'Italia. Dal punto di vista geologico, i mammelloni collinari che da Poggio San Marcello digradano dolcemente verso il mare, sono di recente costituzione calcareo-alluvionale, con grossi grumi cretacei di sedimento quaternario (uno dei quali, esaurito, alimentò le fornaci di Poggio San Marcello dal 'Settecen­to' al 1961) (anno in cui fu spento l'ultimo forno dai Libanori); difatti osser­vando qua e là nei dintorni la stratigrafia di scassi occasionali, s'incontra il banco tufaceo a circa un metro di profondità dal coltivo - e ancor meno dal coltro - con striature orizzontali ferrose e còtani tondeggianti nella loro pri­ma fase porro-petrosa (come se ne possono riscontrare tre appesi ai cavi del­l'orologio del Comune); scarso il silicato, incontrando il quale in piccoli e radi blocchi a matrice rossa del terziario, vien fatto di pensare a riporti ghiaiosi dal letto del fiume Esino dalle parti di Piagge, o ad arcaici fenomeni alluvionali che hanno interessato l'Appennino Centrale alla confluenza del Sentino o del Misa, per limitarci alle più prossime derivazioni del «marmo­rizzato» d'età terziaria, almeno pleistocenica.

Infatti, non infrequentemente affiorano dal tufo e dalle striature calca­ree i teneri fossili del quaternario, come il «pecten Anerii», gli «spinili», i «lumachelli» e la minuta sintomatologia dei tardi fondi marini, proprii della geologia costiera là dove le acque si sono retratte, ed il tufo subentra agli strati millenari dell'arenile. Tutta la collina di Poggio San Marcello, del resto, sotto le Mura del Ca­stello e degli edifici paesani, là dove gli scavi raggiungono il terreno vergine, ha diffusamente un banco di tufo, tanto che alcune case dell'interno - come la casa Guglielmi-Bozzi-Grizi la casa Brunetti e la casa Felicetti - hanno del­le grotte ad uso cantinato sotto il pianterreno, a profondità non indifferenti, poiché il tufo che vi si riscontra è sempre tenace a mo' di catacomba. Ai confini del Comune - però - in una zona della quale ci occuperemo sul finire del secolo XIX per trivellazioni minerarie ripetute a scopo esplora­tivo anche nel secolo XX, si trova il solfo (o lo zolfo) in quantità percepibili, cui precede un'altra neoformazione gessosa oppure alabastrina, ma con pri­smi di quarzite politissima entro le magme. Per questo non è difficile rinvenire, sui colli di Poggio San Marcello, an­che qualche resto di «fauna terrestre» in via di fossilizzazione, come ci avven­ne nel 1953 e 1954, per due denti di mammiferi ruminanti e per altro d'er­bivoro equino, dei quali è stata preservata la documentazione fotografica, rinvenuti, il primo nell'orto Gasparini (dietro la via «Sobborgo»), il secondo ed il terzo nella collina detta di «San Marcello».

L'attenzione a quanto di mineralogia e di incidenze fossili può riguarda­re la regione in generale e la plaga in special modo non è stato un punto di qualificata attenzione, e ciò serve a dichiarare che, lungi dall'essere esaurito, questo discorso sui sedimenti minerali, sulle acque salsojodiche e sui fossili - vegetali o animali che siano - può essere ripreso da chiunque - tra le leve giovanili - possa appassionarsi con competenza ed attrezzature scien­tifiche all'argomento. Rimane comunque accertato che - una volta tentate e smesse le cave di zolfo al «Fossato» con le regolari gallerie in ripromissione di giacimenti minerari, risultati deludenti - ed accertato pure che l'attrazione o l'interesse per queste plaghe non derivano da folti strati fossili (come accade negli Euganei e nei Berici, da Bolca a Creazzo, fino al laghetto di Fimon, oppure nel piacentino tra l'inizio della pianura padana ed il sistema collinare dell'Appennino fino alle Prealpi), rimane intensa e fascinatrice la ripromissione prei­storica e protostorica che le vicine Grotte di Frasassi fanno sperare ed anche presumere. Intanto, percorrendo chilometri e chilometri di strada attraverso le pla­ghe collinose dell'estesissimo Comune, tra la ex-Scuola della Fornace, e l'al­tra delle Coste, ormai senza scolari, si nota la desolazione della «non presen­za umana» nelle rade «fattorie», anche se i terreni non appaiono del tutto in­colti, e s'arriva a capire che con la macchina - al posto dell'uomo e del suo ex animale da lavoro - si può ugualmente mietere e raccogliere, seminare e trebbiare, falciare e concimare, senza che la presenza del colono accenda più un focolare nelle cucine, o attenda il muggire d'un bove o il canto del gal­lo per dire che incomincia un altro giorno. L'uomo, cioè il soggetto - e l'oggetto - della Storia l'incontreremo, dentro questo paesaggio, nel prossimo capitolo, solo che tu, gentile lettore, abbia voglia di voltar pagina.

Fonte informativa: "Storia di Poggio San Marcello" - In quel contesto della Vallesina d'Ancona cui appartiene. (Luigi Grazzi) 


ALTRI LUOGHI DI INTERESSE STORICO - CULTURALE 

Il Palazzo Comunale e Teatro

Nella parte più bassa dell'interno del paese, presso l'antico ingresso si erge un corpo di fabbricato di due piani, ricostruito nel 1700 dall' Architetto Capponi di Cupramontana, è la sede comunale. La facciata si compone di un porticato a quattro archi che immettono al portone di ingresso. Dagli uffici del pianterreno parte una scala guidata da una elegante balaustra in travertino che porta al primo piano, ove sono situati l'ufficio del sindaco e la sala consiliare, ampia, quadrata, elegante, areata da quattro finestra. Il soffitto, alto, spazioso, a volta, decorato artisticamente, offre agli angoli quattro medaglioni : l'Arma Sabauda, quella Provinciale, quella del Mandamento e quella del Comune (un leone rampante entro la corona floreale ). Vi appaiono, in comparti, la Forza, l'Abbondanza, la Scienza, e la Musica. Altre decorazioni e mascheroni esaltano l'arte scenica. Incisi sul muro si leggono motti inneggianti alla virtù, al lavoro, al rispetto delle leggi, all'amore. Notevoli i quattro medaglioni rappresentanti i poeti italiani del secolo d'oro. La pavimentazione della Sala Consiliare, ancora in buonissimo stato fu eseguita a disegno, con materiale colorato e a sagoma, di ottima argilla della secolare industria locale risalente al 1738. La sala ha annesso il palcoscenico, orgoglio dei nostri avi, per spettacoli di compagnie e giocolieri. I lavori di restauro svolti di recente hanno comunque lasciato intatta la facciata, la scalinata ed il salone consiliare.

 

Archivio Storico Comunale 

Beni archivistici di Poggio S.Marcello e archivio storico comunale telematico. L'archivio storico comunale di Poggio San Marcello, posto all'interno del palazzo Comunale, è stato oggetto tra la fine del 2005 e l'inizio del 2006 di un intervento di valorizzazione ispirato al principio della fruibilità. La finalità dell'intervento è stata quella di rendere i beni conservati nell'archivio fruibili dal maggior numero di persone e rendere i beni in oggetto elementi propulsivi di un marketing culturale, a beneficio di questo piccolo centro delle Marche che racchiude al suo interno elementi caratteristici della storia, della cultura e delle tradizioni tipiche del territorio. L'indubbio valore dei documenti conservati nell'archivio è testimoniato dalla datazione, risalente per i volumi più antichi al secolo XVI e a seguire fino al secolo XIX. L'archivio consente al visitatore di ripercorrere da un punto di vista nuovo tutti i periodi storici di riferimento e scoprire la vita nel corso dei secoli della comunità di Poggio San Marcello: una realtà periferica ma tutt'altro che marginale per la comprensione della nostra storia. Nel riordino dell'archivio un primo importante intervento venne effettuato nel 2001, con la prima catalogazione a struttura aperta e la valutazione dello stato di conservazione dell'archivio medesimo. Il secondo intervento, effettuato tra fine 2005 e primo trimestre 2006, ha riguardato la collocazione dei volumi in nuovi supporti espositivi e l'informatizzazione di tutto l'archivio mediante software database.

La messa in rete dell'archivio è stata ispirata da due finalità: da un lato consentirne la fruizione via internet, dall'altro consentire a chi in futuro metterà mano ad iniziative di ulteriore valorizzazione di trovare una base informativa razionale e aggiornabile, sia con nuove informazioni sui beni dell'archivio che con la possibilità di creare relazioni e collegamenti con le informazioni di contesto (storia, tradizioni, eventi, contributi critici, riferimenti storiografici, etc.) e con i beni culturali del Museo di Poggio San Marcello (AN) di prossima costruzione. Il sito internet dedicato all'archivio storico comunale intende fornire una catalogazione precisa, razionale e scalabile degli articoli presenti nell'archivio e allo stesso tempo propone una veste grafica intuitiva rivolgendosi oltre che agli addetti ai lavori anche a tutte le persone che vorranno visitare Poggio San Marcello (AN). Nel 2007-2008 il sipario scenico del Teatro è stato oggetto di un importante intervento di restauro con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi. Il teatro storico di Poggio S.Marcello, tutt'ora funzionante, continua oggi ad offrire una cornice coinvolgente ed esclusiva per gli spettacoli della locale Compagnia Teatrale G.Bruciaferri, le rappresentazioni teatrali della Scuola Elementare G.Leopardi, convegni e seminari.
  

 

LUOGHI DI CULTO

Chiesa Madonna del Soccorso

La devozione alla Madonna del soccorso nasce in seno all'ordine degli Agostiniani, in Sicilia nel 1300. Nel 1524 a Poggio San Marcello viene edificata fuori dalle mura, una Chiesa dedicata alla Madonna del Soccorso officiata dall'omonima Confraternita. Nel 1605 viene nominato Papa Paolo V, devoto della Madonna del Soccorso e gia Vescovo di Jesi che favorisce, con relativa Bolla, l'aggregazione della Confraternita del S.S.mo Sacramento alla Confraternita Romana del Gonfalone. Era il 1608 quando viene fatta scolpire una statua di legno della Madonna per meglio poterla portare in processione. Nel 1646 a causa delle precarie condizioni strutturali della chiesa, la Confraternita decide di edificarne una nuova all'interno del Castello, portata a termine nel 1652, e nello stesso anno vi si fa la traslazione dell'immagine della madonna. La nuova chiesa eretta ha quattro altari, quello maggiore nel quale è stata collocata la statua della Madonna, e tre laterali: quello dall'Ascenzione , di San Carlo e di San Rocco. Nel 1776 viene eretto il campanile sul lato destro della chiesa che dalla piazzetta della madonna da su piazza Giacomo Leopardi, testimonianza del periodo di costruzione del campanile è un mattone che riporta incisa tale data. L' immagina lignea della madonna viene ristrutturata nel 1820, come comprovato dalla data incisa sul retro della scultura. Nel 1881 Don Costantino Bramati consacrato sacerdote chiede ed ottiene di legare le sue prestazioni sacerdotali e ministeriali al Santuario della Madonna del Soccorso. Nel 1883 celebra la sua nomina a Priore facendo restaurare e indorare a foglia d'oroa sue spese, il vestiario della Vergine e il relativo trono sul quale era posto il simulacro, commissiono all'orafo jesino Ferdinando Novelli due corone d'oro zecchino, una per la Madonna e l'altra per il Bambino. Ulteriori Approfondimenti Pagina Luoghi di Culto

 

Chiesa San Nicolò da Bari

Verso la fine del dodicesimo secolo con lo svilupparsi del castello e del comune, Poggio San Marcello si mette sotto la protezione di San Nicolò da Bari al quale dedica un oratorio presso l'unica porta d'ingresso al borgo e successivamente la Chiesa Parrocchiale. La chiesa di San Nicolò sorse all'interno del Castello verso la seconda metà del 1300 come Confraternita di S. Nicolò; già dalla metà del XV secolo si hanno notizie documentate della Cappella di San Nicolò. Fonti letterarie ed un attento esame dell' edificio fanno pensare che l'oratorio fu inizialmente edificato nella parte dell'attuale sacrestia e torre. La Cappella di San Nicolò dovette trasformarsi in vera e propria Chiesa ecclesiastica quasi sicuramente nel secolo XVI, poiché da fonti letterarie troviamo notizie della Chiesa quale parrocchia del paese. L'attuale Chiesa di San Nicolò riporta alcuni canoni tipici del primissimo '600, periodo a cui risale anche la pala dell'altare maggiore, pur se rivela notevoli apporti settecenteschi. La Chiesa di San Nicolò da Bari inizia la sua edificazione ex novo nel 1738, su eccellente disegno del valente Architetto Capponi. Ben proporzionata nella sua severa architettura classica viene continuata nella parte decorativa fino al 1772. La chiesa è stata recentemente ristrutturata e riportata ai suoi riflessi originali. A lato si può notare un affresco affisso sopra l'altare raffigurante la crocifissione rinvenuto nella chiesa di San Marcello, risalente al XVI secolo, anche questo recentemente ristrutturato e minuziosamente ripulito dai segni del tempo.

 

Chiesa di San Marcello e Santa Maria del Monte

San Marcello: Gli studiosi ammettono l'esistenza della Chiesetta "Monastico Romanica" di San Marcello risalente al secolo XII°. Viene ricordata la prima volta nelle "Rationes" del 1290, venne ricostruita tra il 1400 ed il 1500, sorge tuttora sulla cima del poggio sovrastante il castello e la cinta muraria, fu la prima chiesa parrocchiale di Poggio. Il paesino è definito "Villa" nel 1289: in quella seconda metà del XIII° secolo l'abitato si trovava ancora sulla cima del poggio intorno alla suddetta chiesa di San Marcello . L'affresco a lato risalente al XVI° secolo che decorava la chiesa, risale alla scuola del Beato Angelico o dei Fabrianesi, s'ispira al prototipo del "Crocifisso del Sangue Giusto".

Santa Maria del Monte : Dalla pubblicazione delle "Carte di Fonte Avellana" gia dal 1130 si hanno notizie della Chiesa di Santa Maria del Monte nella zona di "Colmontano", che racchiudono in sé la parola "Colle" per definire il Poggio e la parola "Montano" per individuare la Chiesa del Monte. Oggigiorno, Santa Maria del Monte ha soltanto resti del XVI secolo, in quanto i restauri alla casa colonica ed alla Chiesetta stessa, non permettono che la visione di un vecchio muro di quello che era il vecchio "Luogo di Culto" dedicato alla Madonna del Monte gia dal XII secolo. Santa Maria del Monte fa da richiamo per l'Immagine rinascimentale della Madonna collocata su di un baldacchino Rinascimentale che dalla tradizione sembra essere la protettrice delle donne partorienti. Nella Chiesetta inoltre possiamo trovare un'acquasantiera combinata con tre pietre di marmo risalente al settecento.  

 

Chiesa di Santa Croce e Fornace

A Poggio San Marcello esiste un bellissimo tempietto di perfetto stile settecentesco, databile tra il 1738 ed il 1740, che sussista quale Oratorio di Santa Croce e riconducibile al noto architetto locale del tempo Mattia Copponi (forse il primo lavoro fatto dall' architetto stesso che all'epoca aveva soltanto diciotto anni). Tale Oratorio è sorto presso l'antecedente sala funeratizia del Seicento, di cui si vedono ancora i resti dietro l'oratorio stesso, riservato alla Confraternita della Buona Morte. Poichè oltre all' Oratorio di Santa Croce tra il 1738 ed il 1775 venne edificata a Poggio anche la chiesa di San Nicolò da Bari ed il Comune, si suppone allora che soltanto attingendo la gran mole di mattoni di creta da una produzione locale, si poteva far fronte alla enorme spesa che i tre lavori murari suddetti imponevano alla popolazione. Se la tradizione non inganna, il Mattia Copponi, si sarebbe avvalso di laterizi usciti dalla fornace di Poggio San Marcello. Due prove indirette le abbiamo dal nome di un fornaciajo che possedette la fornace nal settecento, certo Luca Bozzi e dalla data " A. 1786" apposta sotto alcuni amorini in terracotta situati all'esterno della "Casa Felicetti". Dunque la Fornace di Poggio San Marcello inizia la propria produzione di laterizi proprio negli anni 1738-1740, e sembra essere la fornace stessa il punto di maggiore garanzia ed incoraggiamento a costruire in grande il paese. Una prova di quanto detto ci viene data anche dai bei pilastri settecenteschi posti all'ingresso del cortiletto di casa Marconi-Sansoni, dove la produzione dei latterizi limati e dei "cantari" sovrapposti al pilastro chiamano in causa gli "amorini", i "leoncelli" e le "mensoline", dando adito ad un vero e proprio laboratorio di prodotti artigianali in terra cotta, da cui è stata valorizzata la creta cavata nei dintorni di Poggio.

 

EVENTI E MANIFESTAZIONI NEL CORSO DELL'ANNO

Festa e Processione della Madonna del Soccorso

Nella seconda domenica di Maggio a Poggio S.Marcello ha luogo la Festa religiosa della Madonna del Soccorso, un importante e rappresentativo evento della tradizione cattolica-cristiana delle Marche. Ormai da più di un secolo la seconda domenica di Maggio Poggio San Marcello tributa il maggior onore alla Madonna del Soccorso con una festa in suo onore. I festeggiamenti, per la verità, iniziano la prima domenica di Maggio con la processione ed il trasporto della statua della Madonna nella più capiente Chiesa di San Nicolò da Bari, per tutta la settimana precedente vi sono incontri di preghiera nel sabato pomeriggio precedente la festa c'è la benedizione dei bambini; la sera del sabato stesso la Chiesa torna nuovamente a riempirsi per la "Messa degli Uomini". La mattina della seconda domenica di maggio, le campane iniziano a suonare a festa alle sei , le celebrazioni eucaristiche si susseguono una ad ogni ora accogliendo i fedeli di Poggio San Marcello e dei paesi vicini . Nel pomeriggio ha luogo la processione con la Statua della Madonna del Soccorso che viene portata a spalle per le vie del Paese, Gonfalone in testa. A tarda sera concludono la giornata di festeggiamenti gli immancabili fuochi d'artificio. Nell'ultima domenica di maggio, poi, con una processione a tarda sera, la statua della Madonna del Soccorso viene ricollocata al suo posto dietro l'altare del Santuario.

 

Il Presepio Vivente

Il Presepe Vivente, uno dei più belli e caratteristici d’Italia, nasce nel 1990 dall' idea di alcune insegnanti della scuola elementere di Poggio San Marcello, appoggiate e incoraggiate dalla popolazione e dai bambini. Grazie ai preziosi consigli ed alla collaborazione di Massimo Frittelli (Regista Jesino famoso per i suoi lavori alla RAI) e di sua moglie Daniela Cappannini (insegnante alle Scuole Elementari di Poggio San Marcello), nel Natale del 1990 il Presepe Vivente venne rappresentato nel centro storico di Poggio San Marcello. Genitori, insegnanti, amministrazione comunale, associazioni, abitanti di Poggio San Marcello si adoperarono per organizzare la manifestazione e per far si che quell' idea fosse realizzata. I ruoli principali erano tutti interpretati dai bambini aiutati dai figuranti di contorno rappresentati dai genitori e dalla popolazione di Poggio. La tradizionale manifestazione paesana ha il pregio di riunire e coinvolgere circa 200 persone tra anziani, giovani e bambini, facendoli interagire insieme e presentandosi dunque come espressione di solidarietà, al di là della poesia, dell'emozione religiosa e del romanticismo. Come per magia il passato rivive: ecco il mulinaro, che trasforma i chicchi di grano in farina facendo girare la mola, il fabbro che batte il martello sulla sonante incudine, il ciabattino ed il canestraio che ripetono gli antichi gesti, le donne che impastano il pane,scuola con il maestro e tutte le figure che come vuole la tradizione devono rallegrare la nascita del Salvatore. Dal 1997 alcuni personaggi principali non vengono più interpretati dai bambini ma dagli adulti e dal 2000 viene anche presentata una scena del nuovo testamento dalla locale compagnia teatrale all'interno di una delle due chiese, delle durata di una decina di minuti. Per questa manifestazione si è costituito nel paese anche un Comitato Organizzatore del Presepio Vivente che, con l'aiuto dei genitori e della popolazione ogni anno ormai organizza, realizza e pubblicizza questa manifestazione. Parte dei proventi di questa manifestazione sono impiegati in azioni di volontariato, quali contributi alla Croce Rossa , all' UNICEF e ad altre associazioni, la restante parte delle offerte viene messa a disposizione della locale Scuola, fiore all'occhiello di questa stupenda realtà che è Poggio San Marcello.

 

Festa dell'Emigrante e Cena Giramondo

Il passato e il futuro degli scambi interculturali in due dei tradizionali eventi estivi di Poggio San Marcello. Il Comune organizza ogni estate in collaborazione con la Pro Loco e le Associazioni del Paese due appuntamenti fissi entrati nella tradizione locale. La festa dell'emigrante, che rievoca il rientro degli emigranti italiani al paese d'origine e la Cena Giramondo in collaborazione con gli stranieri che vivono oggi a Poggio S.Marcello. Si tratta di due occasioni di relax, allegria e festa per gli abitatanti del Paese e per tutti i visitatori e turisti che vi prendono parte ogni anno. Ingredienti principali della serata sono gli stand gastronomici a base di prodotti tipici sia locali che internazionali, intrattenimento musicale, il clima mite delle colline marchigiane e il paesaggio unico di Poggio S.Marcello.  

 

La Grande Maialata in Piazza 

Nella metà del mese di gennaio, si tiene la manifestazione gastronomica della "Grande Maialata in piazza". Viene fatta mostra dell'antico mestiere della lavorazione del maiale (c.d.pista). E’ possibile acquistare e degustare in diretta qualsiasi parte del maiale. La manifestazione viene allietata dalla presenza degli artisti di strada e spettacoli vari.

 


 



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