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informazioni
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Allestito nel quattrocentesco palazzo Piersanti, il museo prende il nome dalle collezioni di Venanzio Filippo Piersanti, donate nel 1901 al Capitolo della Cattedrale.
Tra le notevoli opere conservete dipinti di Bellini, Antonio d Fabriano, Francesco di Gentile da Fabriano, Salvator Rosa, Carlo Maratta, argenti pregiati, mobili rari e di pregio. Agli inizi del secolo XX Teresa Capeci Piersanti dona il palazzo con tutto il corredo artistico al Capitolo e alla Parrocchia della Cattedrale, in adempimento alle volontà testamentarie del marito, il marchese Filippo Piersanti, ultimo erede della famiglia e primo sindaco di Matelica dopo l'Unità.
Tra il XIX e il XX secolo alcuni illuminati collezionisti lasciano le proprie raccolte ad una pubblica destinazione. Le formule giuridiche scelte per la creazione di queste casemuseo sono le donazioni e i legati testamentari in favore di Enti Pubblici che potevano essere i Comuni, i musei civici o statali, e la nascita delle fondazioni. Il Marchese Piersanti con suo legato testamentario, distaccandosi da queste nuove formule, lascia erede il Capitolo e la Parrocchia della Cattedrale forse per mancanza di fiducia nel pubblico. Nel periodo successivo all'Unità si occupa di pubblica amministrazione e, mentre lui è sindaco, a Matelica viene deciso di creare un Museo Civico con le opere provenienti dalla Soppressioni ma il museo non si realizza e oggi non tutte le opere derivanti dalla Soppressione sono rintracciabili.
Purtroppo l'archivio del museo manca di un inventarioo topografico che ne testimoni l'arredo ottocentesco, mentre si ha un inventario simile per la prima metà del Settecento, legato alla divisione dei beni di monsignor Piersanti. Quello redatto da Sennen Bigiaretti, nominato dal vescovo direttore e conservatore del Museo, è più tardo, 1918, ed illustra l'arredo in un momento in cui erano già stati introdotti cambiamenti museografici con la creazione, all'interno della casa museo, di una piccola pinacoteca con opere provenienti da confraternite, da chiese distrutte e da chiese funzionanti ma con opere non più utilizzate. Nel periodo bigiarettiano l'attivismo del direttore rende possibile l'acquisizione di nuove opere attraverso donazioni e depositi: il deposito comunale, la donazione della Marchesa Pulcheria De Santis e la donazione dello stesso Bigiaretti.
Il deposito del Comune di Matelica, non rilevante a fini artistici, ha valenza per la storia locale si compone, come descritto nell'inventario bigiarettiano, di 4 toghe di magistrati comunali in velluto nero, 91 ivree, 10 giubbetti, 1 paio di calzoni di panno 10 cappelli a sofffietto, 5 in velluto e 5 in damasco, 1 mantellina nera di tela due drappi di velluto verde controtagliati (attualmente non esposti e tutti bisognosi di restauro) oltre ad alcuni mobili, 2 poltrone del 600 con spalliera che presentano decorazioni impresse in oro (una è esposta nella sala degli arazzi) altra sedia del 500 "con cuoio mal ridotto e batoni ossidati in pessimo stato", bussolo per votazioni con 20 cassetti, esposto nella sala 7, e un lampadario composto da una catena in ferro battuto circondato da foglie e quattro ali a croce, infine lungo uncino che in alto termina in una cometa, ed attorno si arrampicano 4 oche, stemma della famiglia Lucarelli. Originariamente era nella cappella del Suffragio in San Filippo, da lì portata in Comune al momento della Soppressione ottocentesca.
Più rilevante è la donazione di Pulcheria de Santis (Matelica 28 settembre 1845- 6 gennaio 1927). Non conosciamo la data precisa di tale donazione awenuta in vita tra il 1902, anno del lascito Piersanti, e il 1915, data della prima stesura dell'inventario dove i dipinti figurano in catalogo. Si tratta di una piccola collezione di tele del Seicento e del Settecento, soprattutto nature morte e pittura di genere, alcune molto rilevanti. Il Bigiaretti colloca le più importanti nella sala degli arazzi e distribuisce il rimanente nelle altre sale. Tra di esse due nature morte rappresentanti tavole imbandite (sala degli arazzi), due ovati con fiori di un metro di altezza, una natura morta fiamminga con garofani e limoni, una natura morta con fiori a pannocchia, un paesaggio campestre alla maniera di Rosa da Tivoli, altro dipinto con scena pastorale e vedute di un castello diroccato un grande paesaggio.
Più modesta la donazione del primo direttore, Sennen Bigiaretti, che pensava forse di lasciare la sua ricca collezione di ceramiche. Il lascito comprende tre drappi perugini, attualmente non esposti, una pergamena miniata (Biblioteca), un frammento di affresco del secolo XI-XII (prima sala pinacoteca), una piccola collezione di campioni di carta colarata del 700, non esposta, un drappo di broccato rosso raffigurante la venuta della Santa casa di Loreto . In questi ultimi anni il museo ha ricevuto altre donazioni: dal signor Remo Marini il pastorale di Ercolano Marini, vescovo di Amalfi (attualmente non esposto), dalla famiglia Murani Mattozzi abiti della fine del Settecento (non esposti), dal pittore matelicese Diego Pettinelli una collezione di tessuti appartenuti a Sennen Bigiaretti, dalla signora Misia Ciciani alcune ceramiche, da Renzo De Biase un timbro con lo stemma Piersanti e dalla signora Francesca Pardi un salottino di produzione locale della fine del Settecento. Le donazione non in mostra sono in attesa che venga completata la sistemazione del secondo piano del palazzo dove verranno aperte ulteriori sale per le esposizioni.
Info e prenotazioni (visite guidate e laboratori didattici)
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